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L'ex pm non molla

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L'uscita del ministro per le Infrastrutture trova però l'immediata opposizione della Cdl, che si dice disponibile a sostenere «quel» testo, e anche di parte della maggioranza, Udeur in testa. Con il leader dell'Idv si schierano in pratica solo i Verdi che sottolineano che, dopo l'intervento messo in atto «con molto rigore» dal governo, ora «il Parlamento deve verificare se ci possono essere miglioramenti alla normativa». Il centrodestra, poi, nel giorno dell'autodifesa di Marco Tronchetti Provera (il colosso della telefonia italiana «di intercettazioni non ne fa») chiede che il caso Telecom non venga «bruciato insieme alle intercettazioni». Il decreto partirà al Senato e Di Pietro propone che durante l'esame sia modificato con un emendamento. «Chiedo che in sede di convalida del decreto - dice - sia presentato un emendamento che stabilisca due principi: che spetti al giudice la distruzione dei materiali illegali e non al pm, altrimenti è incostituzionale, e che sia concessa al giudice la facoltà di differire la distruzione dei dossier per il tempo necessario ad assicurare i colpevoli alla giustizia». Insomma, come chiedono i pm, che i file non vengano immediatamente distrutti visto che potrebbero costituire una prova e «per punire i colpevoli serve il corpo del reato». Quella del Ministro, però, appare una posizione isolata nella maggioranza. Il decreto «non si cambia» nemmeno per Rifondazione, con Gennaro Migliore. Il partito del ministro Guardasigilli, l'Udeur. «Ci auguriamo - avverte il capogruppo a Montecitorio, Mauro Fabris - che quanto detto dal presidente Prodi chiuda ogni discussione circa l'opportunità di modificare il decreto contro le intercettazioni illegali varato venerdì». Il centrodestra chiude a qualsiasi ipotesi di modifica. «Il testo va bene così com'è», avverte il presidente di An Gianfranco Fini. E l'ex ministro della Giustizia Roberto Castelli: «Prodi ha una sospettissima fretta di distruggere tutto».

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