di PINO GIULIETTI ROMANO Prodi boccia la richiesta del ministro Antonio di Pietro: non cambierà di una ...
E quindi: distruzione totale e immediate di tutte le conversazioni registrate fuori dalle regole. Il premier liquida seccamente la questione sollevata dal ministro delle Infrastrutture : «Non ci sono ipotesi di modifica del decreto sulle intercettazioni». «Di Pietro - rivela il premier - ha approvato totalmente il decreto: ne ha parlato a favore sia in Consiglio dei Ministri che a Vasto. Il decreto è stato approvato in modo condiviso e unanime da tutti. C'era anche Di Pietro, quindi non credo che ci siano problemi». Il ministro china la testa e annuncia che in Parlamento voterà il decreto legge. «Ciò non significa - spiega - che non possa essere migliorato» Come all'epoca dell'indulto, Di Pietro si è riproposto come il leader dell'ala intransigente dell'Unione. La sua tesi coincide con quella di numerosi magistrati: con la distruzione immediata delle intercettazioni illegali si rischia di mandare al macero anche qualche informazione utile per la giustizia. Di qui la richiesta: consentire l'uso delle intercettazioni che contengono una «notitia criminis». Per dirla diversamente: «Non si può distruggere il bicchiere sul quale l'assassino ha lasciato le sue impronte digitali. Distruggere tutto equivarrebbe a un colpo di spugna». La posizione di Di Pietro ha diviso il centrosinistra. Contrario Rutelli, secondo il quale il garantismo deve essere in vigore 365 giorni all'anno, e Rifondazione, contrari i socialisti di Boselli , contraria l'Udeur, il partito del ministro della Giustizia Clemente Mastella, che dice no a una «marcia indietro». I supporter dell'ex magistrato sono i Verdi e il diessino Cesare Salvi, presidente della commissione Giustizia del Senato. Quest'ultimo chiede di lasciar decadere il provvedimento usando un argomento paradossale: se nelle intercettazioni ci fosse un colloquio di Riina con Provenzano che spiega tutta la struttura della mafia, i magistrati non dovrebbero tenerne conto? Le parole di Di Pietro hanno innescato subito la reazione dell'opposizione, che ha minacciato di votare contro il decreto in caso di modifiche. Il vice coordinatore di Forza Italia Fabrizio Cicchitto lo spiega senza giri di parole: «Sia chiaro allora che se l'onorevole Di Pietro e i magistrati che lo ispirano ottenessero la modifica del decreto legge, allora lo voteranno loro e verrà meno l'intesa bipartisan realizzata». Su una line ancora più dura, l'ex ministro di An Maurizio Gasparri: « Il centrodestra è disponibile a norme che mettano fine all'illegalità dilagante, ma di fronte al caos dobbiamo riservarci valutazioni attente in sede parlamentare. Prodi a casa è più urgente di qualsiasi decreto». Nel frattempo il presidente del Senato Franco Marini plaude all'iniziativa del governo: «Dinanzi alla gravità dei fatti che sono emersi - dice la seconda carica dello Stato - ho condiviso pienamente la prontezza con cui il governo è intervenuto con un provvedimento legislativo, condiviso largamente anche dall'opposizione». L'indagine. Polemiche politiche a parte oggi riprende una settimana intensa per gli inquirenti milanesi che indagano sulla struttura che raccoglieva le intercettazioni illegali. Un'indagine che ha portato, mercoledì, all'arresto di una ventina di persone con accuse che vanno dall'associazione a delinquere, alla corruzione, alla violazione del segreto d'ufficio, fino al riciclaggio e che vede al centro l'ex numero uno della security di Telecom, Giuliano Tavaroli, e l'investigatore privato Emanuele Cipriani. Gli interrogatori di convalida davanti al gip Paola Belsito, iniziati giovedì scorso, dovranno essere portati a termine, per i 17 finiti in carcere, entro domani. Poi le indagini inizieranno una nuova fase, con i primi interrogatori degli arrestati davanti ai pm Nicola Piacente, Fabio Napoleone e Stefano Civardi. Sembra infatti che alcuni dei personaggi chiave della vicenda potrebbero essere nuovamente interrogati, questa volta in Procura. Uno di loro è Marcello Gualtieri, il commerc