Il provvedimento per arginare
il fiume di intercettazioni
È composto da soli cinque articoli e 9 commi il decreto legge sulle intercettazioni telefoniche che, nelle intenzioni di Romano Prodi, dovrà fermare «l'ondata di ricatti» e impedire che «il marcio dilaghi». Il Consiglio dei ministri lo ha varato sull'onda dello scandalo Telecom. Il testo governativo prevede che le «intercettazioni illegali non potranno essere utilizzate ai fini processuali e vanno distrutte». Il decreto. Prodi parla di un'intesa raggiunta con la Cdl sul provvedimento e spiega che ci sono stati contatti «con i leader dell'opposizione». Ipotesi confermata dal ministro della Giustizia Mastella che a sua volta riferisce di contatti con il Consiglio superiore della magistratura, nella persona del vicepresidente Nicola Mancino. «Vogliamo che non parta quest'ondata di ricatti - aggiunge Prodi - perché allora l'attentato alla democrazia sarebbe ancora più forte e ancora più grave». Il presidente del Consiglio apre anche alla richiesta della Cdl di istituire una commissione d'inchiesta ad hoc, «purché - è la sua condizione - sia rapida». In tutto, come detto, il decreto consta di soli cinque articoli. Un testo piuttosto scarno e laconico che servirà, sostanzialmente, a impedire qualsiasi utilizzazione delle intercettazioni illegali e punire i responsabili. Il ministro dell'Interno, Giuliano Amato, nell'illustrarne il testo, ha affermato che le intercettazioni illegali «non possono costituire in nessun caso una prova da utilizzare nei processi». Secondo Amato, inoltre, il decreto «non ostacolerà l'inchiesta di Milano». Quanto ai giornalisti, ad essere puniti in caso di divulgazione delle intercettazioni illegali saranno «solo i direttori e gli editori» e «non i redattori». Le sanzioni saranno comunque civili - una pena pecuniaria - e non penali. Secondo quanto stabilisce il decreto l'autorità giudiziaria sarà tenuta a distruggere le intercettazioni illegali ed è vietato farne copia, ma soprattutto «il loro contenuto non costituisce un alcun modo notizia di reato né può essere utilizzato a fini processuali o investigativi». Il decreto punisce - con la pena da 6 mesi a 4 anni, aumentata se il reato viene consumato da un pubblico ufficiale - anche la semplice detenzione di intercettazioni illegali. Il provvedimento ha trovato il consenso sia della maggioranza di centrosinistra che dell'opposizione. Attacco all'authority. Una «violazione del diritto impressionante» così Prodi definisce il caso della rete illegale parallela all'azienda telefonica. «Quella che stamattina (ieri mattina, ndr) veniva adombrata da alcuni giornali, con liste dei nomi, è un industria parallela, una cosa di dimensioni enormi». «Mi chiedo - attacca Prodi - cosa abbia fatto l'Autorità per la privacy, o altre autorità del genere, e quali limiti gli siano stati imposti». Una piccola gaffe visto che l'Authority per la privacy è presieduta dal professor Pizzetti, suo grande amico che ha anche collaborato alla scrittura del programma dell'Unione.