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di PAOLA CERELLA VASTO — A Tonino Di Pietro è riuscito il colpo grosso di portare a Vasto, in terra ...

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Il premier, la cui venuta alla festa del partito del ministro delle Infrastrutture era stata messa in dubbio fino all'ultimo, non solo alla festa c'è stato ma, dal grande palco allestito all'interno dello storico Palazzo d'Avalos, ha anche tenuto una lunga lezione sul suo modo di governare e ha toccato un po' tutti gli argomenti della politica nazionale ed internazionale che, in questi giorni, stanno riempiendo le pagine dei giornali, comprese le spinose vicende Telecom. Sulle intercettazioni Prodi ha negato di aver fatto retromarcia, accettando in un secondo momento di riferire sulla questione alla Camera e al Senato. «La frase attribuitami dinanzi ad una presunta richiesta di riferire sulla vicenda alla Camera («Siamo matti!» ndr) — ha precisato — era la risposta ad un'altra domanda fattami da un cronista, e cioè: "Andrà in Parlamento a discutere del caso Rovati?". Io non discuto di un caso singolo, ma di problemi di fondo e non mi tiro mai indietro. Non ho subito pressioni di sorta. Portiamo i dibattiti alla loro essenza, alla loro sostanza. Vedrete che il tempo mi darà ragione». Dinanzi alla domanda se, in nome dell'italianità, preferirebbe che la rete telefonica mobile Tim fosse acquistata da Berlusconi anziché da stranieri, visto che in Italia non ci sono molti possibili acquirenti, Prodi ha risposto: «Se non c'è conflitto d'interessi, può acquistarla chiunque. Italianità vuol dire avere delle regole certe alle quali obbedire, grazie alle quali il nostro Paese deve rafforzare la sua economia, in modo da essere preda, ma anche cacciatore. Vero è che l'Italia non può essere solo oggetto di acquisti, ma deve diventare anche soggetto». Certo è che la vicenda Telecom ha riacceso vecchie ruggini da parte degli alleati del premier, ma Prodi si è subito affrettato a minimizzare: «Posso solo dire che il mio Governo governerà e i giornalisti scriveranno, scriveranno, scriveranno». E a chi pensa che presto avremo il remake del film visto nel '98, quando fu costretto a cedere il posto a Massimo D'Alema, il premier risponde ribadendo: «Se il governo cade, non credo che andrò a casa da solo». Fraintendimenti ci sarebbero stati, da parte di cronisti «disattenti», anche in merito alle dichiarazioni rilasciate dal premier sulla sicurezza del Papa, in vista del suo viaggio in Turchia, dopo la polemica esplosa a seguito del discorso fatto in Germania sull'Islam. «Non ho detto — ha rimarcato Prodi — che spetta alla Polizia turca difendere il Papa. Ho solo affermato, in seguito ad una presunta dichiarazione di Ali Agca sul fatto che il Papa in Turchia non sarebbe al sicuro, che è un compito della Polizia di quel Paese tutelarlo. Mi dispiace moltissimo che si sia speculato su questo. Si è anche detto che la politica non difende il Papa ma, io chiedo, il Papa ha forse bisogno della nostra difesa? La polemica è davvero fuori posto». In merito allo scandalo sulle intercettazioni telefoniche, il presidente del Consiglio dei Ministri si è limitato a dire che «si indagherà fino in fondo» e che l'obiettivo immediato del Governo è «fare in modo che il marcio non dilaghi». «Dobbiamo però impedire — ha aggiunto Prodi — che si ricorra a ricatti a catena». Anche di indulto Prodi ha parlato a Vasto e, replicando alle obiezioni mossegli per le conseguenze scatenate dal provvedimento, ha detto: «Non sono pentito di aver varato quel provvedimento, che ritengo giusto. Certo, è stato un provvedimento doloroso, ma necessario, perché la situazione nelle carceri italiane era diventata insostenibile — e qui sono partiti molti fischi da parte dei precari della pubblica amministrazione presenti in platea — Sapevo bene quale sarebbe stata la reazione dell'opinione pubblica, ma leadership vuol dire andare avanti anche quando non conviene politicamente». Il premier ha poi voluto rassicurare tutti sul fatto che la manovra finanziaria «sarà attentissima a promuovere le cat

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