di NICOLA IMBERTI COLLEGIALITÀ.
Così, quando nella scorsa legislatura l'Udc si stancò di rimanere a guardare mentre Berlusconi decideva la politica economica del governo, lo accusò di «assenza di collegialità» e aprì una crisi che si concluse solo dopo il varo dell'ormai famosa «cabina di regia economica». Una cosa simile è successa ieri in Consiglio dei ministri con il titolare dello Sviluppo Economico Pierluigi Bersani che, prima ha tentato il blitz poi, messo in un angolo dalla Margherita, è stato costretto a cedere ed è stato, di fatto, «commissariato». Motivo del contendere il disegno di legge «Industria 2015» sul tema dell'innovazione. Un ddl che, per dirla con le parole dello stesso Bersani, favorirà «un riposizionamento strategico del sistema industriale». Nelle scorse settimane il ministro aveva provato a trasferire tutte le competenze sulla distribuzione dei fondi al proprio dicastero. Un progetto che, però, era sfumato per l'opposizione del ministro della Ricerca Fabio Mussi (che non era assolutamente disposto a vedersi scippare parte della titolarità sui contributi), del vicepremier Francesco Rutelli e persino di Palazzo Chigi nella persona del sottosegretario Franco Gobbo. Così, il ministro ha provato ad allargare il proprio consenso coinvolgendo i ministri Mussi e Nicolais (Sviluppo e Funzione Pubblica) e recependo all'interno del testo alcune loro richieste. Giovedì sera, alla vigilia del Consiglio, il ddl era pronto. Ma Bersani aveva sottovalutato i «mal di pancia» della Margherita e, soprattutto del ministro per gli Affari Regionali Linda Lanzillotta. Alcuni partecipanti alla riunione di ieri raccontano che il ministro Dl avrebbe addirittura presentato un proprio testo. Un gesto che ha costretto il Consiglio a riaprire una discussione che sembrava definitivamente chiusa. Le obiezioni mosse dalla Lanzillotta e, soprattutto, da Rutelli riguardavano, oltre all'immancabile «assenza di collegialità» (i tre ministri coinvolti erano tutti espressione della Quercia), alcune competenze che Bersani avocava a sé strappandole di fatto agli Affari Regionali. Rutelli avrebbe addirittura accusato Bersani e i Ds di «dirigismo». Attaccato, il ministro dello Sviluppo avrebbe spiegato che, la scelta di coinvolgere solamente Mussi e Nicolais, nasceva dalla necessità di evitare eccessi di burocrazia. Parole che non hanno convinto la controparte, che ha messo nell'angolo Bersani. Il quale, alla fine, anche per l'intervento di Prodi e del sottosegretario Enrico Letta, ha ceduto. Piccole modifiche grazie alle quali il ministro Lanzillotta entrerà nel coordinamento dei fondi occupandosi degli aspetti più operativi legati alla definizione dei progetti e ai rapporti con le amministrazioni locali. Ma Bersani sarebbe andato oltre creando problemi anche in «casa propria». Per la prima volta, infatti, il ministro dell'Università avrà un posto al Cipe. Una decisione che avrebbe preso in contropiede Nicolais che, si dice, non ne sapeva niente. L'importante, comunque, dicono nella Margherita è che, alla fine, si sia raggiunta una «maggiore collegialità». O, come dice qualcuno al Botteghino, che Bersani sia stato sapientemente «commissariato».