I poliziotti coinvolti nell'inchiesta
Si tratta infatti di «casi individuali» sui quali si attende «di sapere di più » ma di certo «non c'è né un ufficio infetto, né una vasta indagine da fare». Lo ha affermato il ministro dell'Interno Giuliano Amato rispondendo ad una domanda sulle indagini sulle intercettazioni. «Mi trovo a Tampere — ha spiegato il ministro — e ho assunto informazioni dai miei al Viminale su quello che ho letto sui giornali. Dal Viminale non c'è null'altro, ma si tratta di cinque o sei casi di singoli poliziotti che, in luoghi diversi, avrebbero usato a fini non leciti informazioni d'ufficio». Un atto «grave» per Amato sul quale il ministro attende di «capire meglio di che cosa si tratta» ma che comunque «non è motivo per me per aprire un'inchiesta su spaccati del ministero dell'Interno». Al momento infatti, secondo il ministro, si tratterebbe di «casi sporadici» di fronte ai quali «mettere sotto inchiesta il dipartimento della polizia di stato nella sua interezza o la questura di questa o quella provincia lo troverei un eccesso». Ma non solo: una simile iniziativa, assicura Amato, «darebbe la sensazione all'opinione pubblica di avere a che fare con un apparato corrotto quando poi si tratta di 4 o 5 casi». «Se poi l'intero Viminale risultasse infetto - ha scherzato Amato - lo bruceremo nella sua interezza». Nell'inchiesta condotta dalla Procura di Milano sulle intercettazioni abusive, sono stati arrestati anche alcuni carabinieri. Tra gli indagati inoltre figura anche un militare della Guardia di Finanza.