I centristi
Quello che doveva essere la festa con al centro l'interrogativo Follini «ci sarà o non ci sarà?», si è rivelata l'occasione per la riconciliazione all'interno dell'opposizione e, soprattutto per dire «nessun virata a sinistra». E proprio su questo il segretario dell'Udc, Lorenzo Cesa, nel suo intervento di chiusura ha usato parole chiare e forti, sgombrando il terreno da ogni ombra ed ambiguità sulla collocazione del partito: «siamo e restiamo all'opposizione», ha detto Cesa. Un'opposizione responsabile, ma incessante. Anzi. «L'opposizione oggi in Italia siamo noi. Alternativi alla sinistra, siamo e rimaniamo nel centrodestra». Dalle Fonti Articolane, immerso tra felpe bianche e blu con la scritta «io c'entro», così come fatto Pierferdinando Casini, anche il segretario Udc ha esortato a rafforzare il proprio partito come il vero soggetto di rappresentanza dei moderati italiani, escludendo altre vie come quella della casa comune del centrodestra. Gli italiani, ha osservato Cesa dal palco di Fiuggi, ci premiano perché identificano sempre più l'Udc come il partito dei moderati che contrasta nel centrodestra l'ala populista. «È nostro compito rafforzare questa tendenza. Per questo abbiamo detto no al partito unico del centrodestra: passare attraverso il partito unico per costruire il partito dei moderati non serve: il partito dei moderati, in Italia, c'è già, è l'Udc, siamo noi». Anche a Fiuggi si è posto l'interrogativo che ha accompagnato un po' tutte le feste settembrine della Cdl e cioè «come tornare alla guida del paese». E Cesa non ha dubbi «è necessario trovare altre strade». Alcuni di noi, ha detto riferendosi a Follini, «pensano ad una ristrutturazione del sistema politico e prevedono uno scenario di divaricazione della maggioranza che consentirebbe la nascita di un centro autonomo tutto il contrario del partito democratico. Non siamo indifferenti a questa prospettiva, ma constatiamo che tutti i protagonisti della vita politica sono partiti dall'idea di rafforzare il bipolarismo». Davanti alla platea che vede in prima fila tutto lo stato maggiore del partito, dal leader Pierferdinando Casini, a Rocco Buttiglione, Carlo Giovanardi e Mario Baccini, Cesa rivendica quello che deve essere il ruolo dell'opposizione, riaffermando il suo no a cambi di campo e giudica «offensiva» la proposta avanzata al suo partito dal centrosinistra. «Vogliamo sommare i nostri voti a quelli di Diliberto, Pecoraro Scanio o Luxuria? Non lo faremo mai», assicura ai centristi. Ma l'Udc non vuole nemmeno che il centrodestra resti com'è. Cesa propone di creare «un circolo virtuoso che porti l'Udc ad essere sempre più chiaramente, partito della moderazione, dei valori in alternativa non solo all'estremismo della sinistra più becera e radicale, ma anche al populismo e alla demagogia che rischiano di avvelenare la vita politica italiana». Sotto la pioggia la festa centrista 2006, che ha visto oltre 20 mila presenze, arriva alla chiusura. Lorenzo Cesa, dopo aver toccato anche la vicenda «Papa e Islam», sottolineando «di essere indignato, ancor più che per la reazione islamica, per il silenzio da parte dell'Europa e dell'Italia», chiude il meeting di Fiuggi. Ma prima si rivolge direttamente a Romano Prodi, chiedendogli «di essere chiaro e di non lasciare la pur minima ombra sul suo operato nella vicenda Telecom e sul contenuto effettivo degli incontri suoi e dei suoi collaboratori con Tronchetti». E aggiunge. «Non sia arrogante e accetti di venire in Parlamento e spiegare agli italiani quello che è successo».