L'eterno Rossi, l'uomo delle tempeste
Comincia così la canzone di Lucio Battisti del 1976. Dopo trent'anni l'incredibile successo discografico potrebbe diventare una lirica dedicata a Guido Rossi. Ancora lui. Torna in pista. Richiamato in servizio a settantacinque anni a tappare le falle della Repubblica, a mettere le pezze nei grandi problemi del Paese. Richiamato a mettere mano al calcio dopo lo scandalo che ha travolto tutti i vertici. E ora richiamato alla guida di Telecom. Alla tolda di comando dell'azienda telefonica, il 20 ottobre '97 Rossi avviò la privatizzazione. Era stato chiamato quasi dieci anni fa proprio sotto il primo governo Prodi: e anche in quel caso - come ieri- fu una sorpresa. L'allora Stet era ancora saldamente in mano pubblica, guidata da Biagio Agnes e Ernesto Pascale e doveva avviare la dismissione che venne realizzata con il famoso «nocciolino duro». Rossi poco dopo entrò in collisione con gran parte del cda e con l'amministratore delegato, Tommaso Tomasi di Vignano sulla questione della governance. Dietro lo scontro, gli Agnelli che mal digerirono le sue scelte. Rossi si dimette e alla carica di presidente venne chiamato Gianmaria Rossignolo, indicato dall'Ifil di Umberto Agnelli che aveva lo 0,6% del capitale. La gestione Rossignolo durò meno di un anno al termine del quale il hairman venne silurato. Rossi vi ritornerà richiamato nel '99 da Bernabè che si opporrà alla maxiOpa di Roberto Colaninno. E per il professor Rossi sarà una nuova sconfitta. Ma di sconfitte nella sua vita professionale ce ne sono proprio poche. Il suo è un curriculum da guinness dei primati, il giurista ha collezionato poltrone di ogni genere: presidente della Consob dal febbraio 1981 all'agosto 1982, senatore della Sinistra indipendente dal 1987 al 1992, ex-presidente della Ferfin, ex-presidente della Telecom e, quel che più conta - nella storia finanziaria recente - a Bilbao, vincitore della battaglia tra l'olandese Abn Amro e la Popolare Italiana di Gianpiero Fiorani per il controllo dell'Antonveneta. Un'altra scalata dagli esiti iniziali (favorevoli alla cordata italiana) stravolti dalle «provvidenziali» indagini dei magistrati, attivati - guarda un po' - dalle istanze del professor Rossi. L'improvviso attivismo della Procura, che farà luce su gravi reati commessi anche diversi anni fa, che un anno fa non sfuggì al presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, che alzò il velo sulle strette relazioni tra Rossi e il Palazzo di giustizia milanese. Relazioni rilanciate dal settimanale News, che aveva ricostruito i solidi rapporti di amicizia del giurista lombardo con il Pm Francesco Greco, uno dei magistrati che arrestando Fiorani hanno praticamente consegnato la banca Antonveneta ai pretendenti olandesi dell'Abn Amro. Rossi e Greco - secondo News - trascorrono da anni le vacanze nell'isola della Maddalena, in Sardegna, e il Pm sarebbe stato visto diverse volte nella villa del super avvocato. Ma Rossi ha affrontato diverse battaglie impossibili. È stato anche legale di Mediobanca e consigliere di amministrazione delle Assicurazioni Generali. Prima di essere chiamato alla guida di Ferfin e Montedison nel pieno della crisi del gruppo Ferruzzi, Rossi ha guidato in prima linea la «battaglia» della Mondadori a fianco di Carlo De Benedetti contro la «scalata» di Silvio Berlusconi e ha curato operazioni finanziarie di peso, come la conquista del Credito Bergamasco da parte del Credit Lyonnais. Nel 1993 Rossi arriva alla presidenza di Ferfin e Montedison, scosse da Tangentopoli. Raccoglie un gruppo indebitato, lo ristruttura, se ne va e si tuffa nelle comunicazioni. Ora ritorna a prendere lo stesso timone nel pieno di una tempesta.