di MARZIO LAGHI LUI, il Presidente, non ne sapeva niente.
Ora però che il governo, il premier e i suoi alleati (insieme con tutti gli italiani) «hanno saputo», i sindacati e la sinistra radicale tirano per la giacca Romano Prodi. E gli chiedono di bloccare l'operazione, cioè di imporre alla società di telefonia e tlc leggi diverse da quelle del mercato usando la «forza» dell'esecutivo. Un diktat che l'opposizione stigmatizza e denuncia. «La mia è una reazione di sorpresa: circa dieci giorni fa ho avuto un colloquio cordiale e approfondito con Tronchetti Provera e non mi ha assolutamente accennato a una ristrutturazione societaria così importante e radicale, e così diversa dalla strategia che lui stesso aveva proposto anni fa», ha detto il Presidente del Consiglio a margine dell'assemblea dei parlamentari dell'Ulivo a Frascati. Poi, quando le agenzie di stampa hanno fatto rimbalzare le sue dichiarazioni, ha precisato: «È stato detto che sono rimasto sorpreso e sconcertato. Esamineremo il contenuto della proposta quando questa sarà fatta in modo articolato, analitico e approfondito. Il governo ha il diritto di conoscere i contenuti e le motivazioni di una proposta così importante per il futuro del Paese. Questo mi sono limitato a dire e lo ripeto di fronte a voi tutti», ha detto Prodi rivolgendosi ai cronisti. Alla domanda se il governo intenda intervenire contro l'operazione, Prodi ha risposto: «Quando saprò cosa c'è scritto, potrò anche prendere qualche decisione». Parole, quelle del premier, che hanno suscitato le reazioni del sindacato e dell'«ala» sinistra della coalizione di maggioranza. «È sconcertante venire a conoscenza che il premier non sia stato informato dell'operazione - afferma il segretario generale Slc-Cgil, Emilio Miceli - Il riassetto del gruppo Telecom non è solo un affare della proprietà, ma riguarda funzioni pubbliche rilevanti. In questo senso la proprietà sta agendo contro gli interessi del Paese. Per questo chiederemo nell'incontro di domani (oggi per chi legge ndr) un passo indietro rispetto alle decisioni assunte e, in ogni caso, metteremo in campo tutte le iniziative, oltre la già decisa proclamazione dello sciopero, utili per costringere la proprietà ad un ripensamento», ha concluso Miceli. Per Pino Sgobio, capogruppo del Pdci alla Camera, «le telecomunicazioni sono un settore strategico del nostro Paese e bene farebbe il governo ad intervenire bloccando l'operazione Telecom-Tim: non si può consentire a nessuno di procedere con una politica industriale fatta di inaccettabili spezzatini e scorpori che danneggiano il Paese». E il segretario dei Comunisti Italiani rincara la dose: «Il governo usi il potere di veto che gli compete - chiede Oliviero Diliberto - È evidente il fallimento dell'operazione Tim-Telecom, perchè si scorpora quel che si era da poco accorpato, evidentemente per fare cassa facendo pagare ai lavorati e svendendo un patrimonio». Il leader dell'Idv Di Pietro, poi, si associa al coro per «salvaguardare gli interessi nazionali» Anche il ministro delle Comunicazioni è intervenuto ieri sulla questione del «golden share», cioè la possibilità che il governo, in quanto azionista di Telecom, possa condizionare l'operazione. «Non credo sia il momento di parlare di golden share - ha detto Paolo Gentiloni - C'è un atteggiamento di attesa per capire di più i progetti dell'azienda. Le decisioni di Telecom vanno valutate con grande attenzione. Io condivido la sorpresa del premier e la preoccupazione generale perchè queste scelte devono preservare l'interesse del sistema industriale italiano che è sempre stato all'avanguardia sulle telecomunicazioni e la telefonia e certo non può perdere posizioni di avanguardia in questo momento».