Il segretario Usigrai vicino alla sinistra contro il governo
Puntare sulla professionalità. Giorno dopo giorno, invece, verifichiamo che con il governo di centrosinistra i politici continuano a dire le stesse cose che dicevano con quello di centrodestra. Non c'è discontinuità. Prodi non ha mantenuto le sue promesse. E le dichiarazioni di questi giorni, anche da parte di esponenti dell'esecutivo, rivelano un'idea molto zoppicante dell'autonomia dell'azienda pubblica. La fumata nera del Cda, poi, è un pessimo segnale». Roberto Natale, segretario dell'Usigrai, non ha peli sulla lingua. Se la prende con l'Unione ma anche con la Cdl. E invoca una svolta radicale nei rapporti tra Palazzo Chigi e i partiti da un lato, e la televisione di Stato dall'altro. Come giudica quello che non è successo al Cda? «C'è un'azienda che attende decisioni. Esistono situazioni sulle quali è urgente intervenire. Tanto per fare un esempio, il 17 è in programma uno sciopero a Rai Sport. Ma di tutto ciò non c'è stata traccia nel vertice aziendale e la Rai si fa dettare dall'esterno le cosiddette priorità, incapace di imboccare la strada dell'autonomia». Come si «comporta» la politica? «Da dieci giorni sull'azienda piovono tonnellate di dichiarazioni di politici di ambedue i Poli quasi mai rispettose del servizio pubblico. Il Cda aveva garantito a parole un percorso autonomo. Lo comincino a realizzare. La riunione del Cda di oggi è stata un'occasione perduta». Anche questa volta c'è stato il solito valzer delle nomine... «L'idea è quella di un mega-pacchetto di nomine. Ma la storia della Rai insegna che più grande è il pacchetto di nomi, più alto è il rischio di lottizzazione su ogni singolo incarico». Voi che cosa chiedevate? «Di andare nella direzione opposta, esaminando caso per caso le situazioni professionali più urgenti su una nuova base logica che rompa quella esausta delle caselle politiche». A giugno lei chiese a Prodi di «stupire» l'Italia rompendo con le pratiche lottizzatorie. Prodi ha mantenuto la promessa? «Finora non mi sembra. E le recenti dichiarazioni di esponenti del governo presieduto da Prodi rivelano un'idea molto zoppicante dell'autonomia Rai. Devo sottolineare, tuttavia, che la ricostruzione del centrodestra di questi ultimi cinque anni è incredibile. La Rai è stata dipinta come un tempio dell'autonomia e della professionalità mentre noi abbiamo patito e contestato le nefandezze del precedente governo. Ora, però, non vogliamo ci siano ingerenze dello stesso tipo, anche se di colore diverso». Quali sono le professionalità da recuperare e da valorizzare? «Molte. Alcune stranote e altre meno. Non faccio nomi ma parlo di persone che hanno simpatie e orientamenti di sinistra e di destra. Il problema non è politico. È professionale». Scusi se insisto, però non sembra ci sia quella discontinuità tanto sbandierata dall'Unione fra centrodestra e centrosinistra... «La situazione è confusa e vediamo che molti uomini politici dei due schieramenti dimenticano quella frasetta buona evidentemente soltanto per i comizi pre-elettorali: la politica faccia un passo indietro sulla Rai. Sì, è vero, i politici di questo governo continuano a dire le medesime cose che dicevano quelli del governo precedente». Quale deve essere il ruolo della politica? «Nel caso specifico, occuparsi di una legge che riformi in modo profondo i criteri delle nomine. La Gasparri assegna il dominio dell'azienda al governo di turno. Se la legge rimane questa, nel 2008 il centrosinistra si prenderà la Rai». Sempre a giugno, lei suggerì al neo-premier di inviare al Paese «un messaggio forte di cambiamento» approfittando della nomina del nuovo direttore generale. Claudio Cappon ha soddisfatto questa richiesta? «C'è stato un elemento molto positivo perché Cappon è uscito dal Cda all'unanimità. Una forza che il dg deve spendere per farsi riconoscere un potere che forse non tutti quelli che gli hanno dato il voto sono disposti a riconoscergli. Un paradosso che non può durare a lungo». D'Alema ha detto che sulla Rai l'Unione è stata fin troppo «buona». Come valuta quest'af