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Silenzio del ministro sulla questione Petroni

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L'ha detto il presidente del Consiglio Romano Prodi nel corso del vertice di maggioranza sulla finanziaria, secondo quanto riferito dal capogruppo dei Verdi alla Camera Angelo Bonelli. «Noi verdi abbiamo posto il problema di cosa succederà alla Rai», ha detto Bonelli, ma Prodi avrebbe confermato l'impotenza del governo «dopo la blindatura del cda da parte del Polo». I Verdi hanno anche posto al ministro dell'Economia la questione della sostituzione del consigliere Angelo Maria Petroni, nominato dal suo predecessore. Bonelli ha chiesto al premier di garantire in viale Mazzini «pluralismo culturale e tutela delle professionalità presenti nell'azienda». Sulla stessa linea anche i Popolari-Udeur. Il presidente dei deputati del partito del Campanile Mauro Fabris avrebbe sottolineato la necessità «di difendere il pluralismo in Rai e di affrontare la vicende delle nomine all'interno della maggioranza attraverso il confronto per evitare che Ds e Margherita risolvano solo tra loro la questione». Il presidente del Consiglio avrebbe quindi colto l'occasione per spiegare la sua posizione in proposito ribadita nei giorni scorsi. La situazione in Rai, avrebbe detto il Professore, è più difficile e complicata del Libano. Tant'è, sarebbe stato il suo ragionamento, che sulla crisi in Medio Oriente ho potuto svolgere un ruolo, portando un grande risultato al nostro Paese, mentre nell'azienda di viale Mazzini tutto è nelle mani del consiglio di amministrazione. Raccontano inoltre che i Verdi abbiano chiesto al ministro dell'Economia di intervenire e dare delle indicazioni al suo rappresentante del Tesoro nel cda Rai, Angelo Maria Petroni, ma non ci sarebbe stato nessun commento da parte del titolare di via XX settembre. Intanto proseguono le polemiche. «Epurazione politica e fame di bottino elettorale da parte una maggioranza che per giunta conta su 25mila elettori di scarto sull'opposizione», è, secondo il portavoce dei riformatori liberali Marco Taradash, l'obiettivo dell'Unione. «Per quale motivo - dice Taradash - il Cda della Rai intende rimuovere il direttore del Tg1, Clemente Mimun, come preanunciato dal presidente Petruccioli? Non è sufficiente la vaga giustificazione addotta secondo cui Mimun si trova alla direzione da troppo tempo ed è necessaria una nuova scelta editoriale. Il tempo, se è tempo ben utilizzato non è mai troppo. Quanto alla scelta editoriale, Petruccioli ha il dovere, gestendo un servizio pubblico, di spiegare quali siano a suo giudizio le carenze dell'attuale direzione e quali le innovazioni editoriali che intende proporre. Ma di questo non dice e non può dire. La verità - prosegue - è che il centrosinistra ha un'ansia famelica di occupare ogni spazio disponibile in Rai». Le opinioni sull'«arbitro» che dovrebbe intervenire per risolvere la questione sono variopinte. «È sconcertante che delle vicende della Rai si occupino vertici politici appositamente organizzati. Ed è altrettanto sconcertante che nessuno, anche la libera stampa, non sottolinei che l'attuale Consiglio di Amministrazione scade nel 2008 e che quindi nessuna iniziativa è ammissibile nei confronti di Petroni o di chicchessia che a buon diritto svolgono, peraltro con estrema correttezza, le proprie funzioni», sottolinea Maurizio Gasparri, di Alleanza Nazionale, che arriva a chiedere l'intervento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Non si capisce, e per altro verso si capisce fin troppo bene, quali siano le remore perchè non debba prendere corpo un'ipotesi come quella da me esposta, ovvero di dare facoltà all'Ordine dei giornalisti di decidere le dirigenze delle testate giornalistiche del servizio pubblico Rai», afferma il capo della segreteria politica di Italia dei Valori Stefano Pedica. «È mai possibile che decine di parlamentari e di leader politici rilascino dichiarazioni a getto continuo sulla Rai, anzi sulle nomine di pertinenza del consiglio di amministrazione della Rai e che esso, forse, si accingerebbe ad effettuare, e a nessuno venga in mente di spiegare a

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