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dall'inviato PAOLO ZAPPITELLI CAORLE - Nessun inciucio, nessuna porta aperta ai centristi.

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L'unico spiraglio potrebbe venire da quello che il premier chiama azione di buon governo: «Sono convinto che governando bene possiamo diventare una forma di attrazione per gli altri. Però - aggiunge subito per non dare la possibilità di fraintendere le sue parole - io non cerco assolutamente operazioni di trasformismo che per anni hanno rovinato questo Paese». L'applauso della piazza è il più convinto di tutta l'ora e mezza di domanda e risposta che Prodi ha avuto sul palco con il direttore della Stampa Giulio Anselmi. E forse è anche un po' il gran finale che il Professore si teneva in tasca, anche sapendo che oggi, su questo stesso palco, ci sarà Berlusconi, in un faccia a faccia con Rutelli. E allora meglio togliere di mezzo qualsiasi ipotesi di coalizione allargata. Nel futuro di Prodi c'è piuttosto l'idea del partito democratico «perché la sensazione di unire i riformisti nella gente c'è già. Sono tre volte che ci presentiamo alle elezioni uniti, è ora di trasformare questo contratto a tempo determinato in uno a tempo indeterminato». In una piazza piccina di una cittadina di vacanza a cinquanta chilometri da Venezia, tra turisti incuriositi e bagnanti arrivati in ciabatte e bermuda direttamente dalla spiaggia per ascoltare il premier, Prodi sciorina tutto quello che ha fatto in questi primi cento giorni di governo e quello che farà. Facendo ogni tanto anche qualche atto di pentimento. «La tassa di successione? Probabilmente sono stato un ingenuo a metterla nel programma, anche perché ci ha fatto perdere molti voti. Però in tutti i Paesi del mondo i redditi alti, e non quelli medi o medio-alti, pagano questa imposta». Ma è sul tema caldo della Finanziaria e delle pensioni che il Professore cattura l'attenzione della gente. «Presenteremo la manovra entro la fine del mese e non spalmeremo un bel nulla. Dobbiamo presentarci in Europa nel 2007 con i conti in ordine e ce la faremo, con un cammino virtuoso, senza ammazzare il Paese, senza dargli pesi che non può reggere». E ad Anselmi che lo incalza con domande sulle intenzioni di vendetta fiscale verso il ceto medio, Prodi reagisce quasi stizzito: «A forza di scriverlo sui giornali la gente ci crede». «Però _ aggiunge _ io ho detto una cosa sola: non cambio niente, faccio solo pagare le imposte. È un delitto questo? È macelleria sociale? Io credo sia semplicemente applicare la legge». Il premier affronta anche il tema del conflitto di interessi _ «è un disegno di legge che sta eleborando il parlamento e non ne conosco i dettagli, ma non sarà fatta con scopi punitivi verso nessuno - e quello dell'immigrazione, immaginando anche una bella cerimonia - «come fanno gli americani» - con tanto di inno per coloro che da immigrati diventeranno cittadini italiani. Un bell'azzardo in un paese che accoglie chi arriva dalla strada principale con un gigantesco cartello della Lega con scritto «No al voto agli immigrati». Ma in fondo qui siamo in Veneto, regione bianca che porta impresso nel Dna il simbolo della Democrazia Cristiana. Prodi lo sa. E raccoglie gli applausi.

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