Veltroni sogna un Pd al 40 per cento
Restano ad aspettarlo per quasi un'ora sotto un tendone ed esposti agli effetti della calura. Per sentirgli solo presentare un libro. E si rifanno un'altra ora e passa nella grande sala della Festa nazionale dell'Unità per sentirgli dire che si deve fare il grande partito democratico. È il Veltroni day a Pesaro. È il giorno di Walter uomo e del Veltroni politico. E se Prodi giovedì (con un intervistatore, Ezio Mauro, sonnacchioso) ha spiegato le difficoltà della Finanziaria e se Fassino venerdì (con la legnosa e spigolosa Bianca Berlinguer) ha quasi preso a sberle i suoi dicendo chiaro e tondo che ci saranno ancora momenti gravi per risanare i conti, il sindaco di Roma - ma anche l'ex segretario del partito - parla dritto al cuore dei militanti (anche grazie a un Giovanni Floris che sforna domande imbarazzanti per la loro vacuità). Veltroni arriva a Pesaro avendo chiaro che i sostenitori diessini chiedono unità. E hanno molto più chiaro dei leader che per stare assieme l'unico mezzo è il Partito Democratico, altrimenti a rischiare è soprattutto il governo. Per questo, il primo cittadino capitolino arriva ad annunciare: «Se l'Ulivo davvero fosse radicato nella società italiana, nei quartieri, nelle fabbriche, tra la gente come un vero partito, questo potrebbe arrivare al 40% e cambierebbe davvero il segno del Paese». Dice che «non si può ignorare quando gli elettori mandano segnali chiari». E che dunque «da dieci anni ci dicono: "Se state divisi vi penalizziamo, se state assieme vi premiamo"». Sottolinea che la paura di fondersi perdendo la propria identità è «un timore che appartiene agli anni Settanta». E proprio dalla storia arriva l'insegnamento. Veltroni ricorda il passaggio da Pci e Pds, ringrazia Achille Occhetto e sottolinea che l'allora Quercia nacque con due obiettivi: «Costruire le condizioni per l'alternanza e unire le forze democratiche». Il primo obiettivo è stato raggiunto, ora tocca al secondo. Era scritto già nel concepimento del Pds che non a caso si chiamava Partito Democratico (della Sinistra). Ora serve il secondo tempo: «Lo dico anche per noi - spiega Veltroni - la storia della sinistra non è la contemplazione di se stessa, ma è una storia di cambiamenti». Il predecessore di Fassino alla guida del Botteghino prova a disegnare anche un percoso. E invita: «È ora che Ds e Margherita comincino a guardare più alle cose che ci uniscono piuttosto che a discutere di ciò che ci divide. Qualcuno faccia il primo passo». Fissa un tempo, visto che a suo giudizio non ci si può ripresentare alle prossime Provinciali (tra due anni) con il simbolo dell'Ulivo senza aver fatto ancora il partito. E Rutelli che chiede che nel futuro Partito democratico ci siano i valori cristiani? «Va bene, ci saranno quelli cristiani e anche altri valori perché altrimenti come potremmo arrivare al 40%?». Veltroni prova anche a lanciare un ammonimento: «Berlusconi è in uscita di scena, nella sua coalizione c'è chi guarda l'orologio, ma nel 2011 non saremo più quelli contro di lui; dovremo essere i riformisti». Si apre il capitolo Roma. Veltroni ricorda con orgoglio che quando si candidò a sindaco «il centrosinistra partiva da un 7% in meno nei confronti della destra di Storace; quest'anno abbiamo vinto con il 24% della destra: abbiamo recuperato trenta punti». E come? «Perché abbiamo un disegno e si vede». Snocciola dati: «Alla città è piaciuto proiettarsi verso obiettivi, abbiamo assistito 45mila anziani quest'estate. La crescita del pil è quattro volte quella del Paese, c'è l'incremento dell'occupazione, l'aumento del turismo in tre anni è stato del 25%». Sui tassisti, il sindaco tuona: «Ci saranno più auto circolanti, il grande sconfitto della guerra dei tassisti si chiama Alleanza nazionale». Infine una parola sul suo futuro. Veltroni dice che non vuole stare a rispondere a domande sulla leadership per cinque anni. Ma ricorda che «per me il potere non è un fine ma un mezzo. Posso ancora fare politica ma posso anche lasciarla e fare scelte radicali: per me è meglio pas