Finanziaria, le promesse tradite dell'Unione
Non è un lusso, non è una spesa improduttiva ma è un fattore costitutivo della crescita del Paese». Piero Fassino, 25 gennaio 2005, convegno Ds sul Welfare. «Non si toccano le pensioni, ma dobbiamo sapere che stiamo preparando milioni di ragazzi che non avranno mai la pensione». Romano Prodi, 6 maggio 2005, assemblea sinistra radicale. «Non si può cambiare il sistema pensionistico in Italia ogni sei mesi, perchè è un aspetto strutturale». Francesco Rutelli, 3 novembre 2005 a Cagliari. «Il pagamento del ticket è uno degli effetti di una politica che riducendo le tasse ai più ricchi taglia la spesa sociale, la spesa per la sanità, e obbliga le persone a pagare i ticket. In questo modo i più ricchi pagano di meno e i malati, le persone anziane, pagano di più». Massimo D'Alema, 21 gennaio 2005, chiusura campagna elettorale suppletiva a Bari. Lo avevano promesso. Ne avevano fatto un cavallo di battaglia per tutta la campagna elettorale. Ma sono bastati poco più di tre mesi di governo per rimangiarsi tutto. E ora alla vigilia della presentazione della Finanziaria si scopre che le risorse a favore della spesa sociale non aumenteranno; lo scalone previsto dal Ministro Maroni, e cioè l'innalzamento dell'età pensionabile, non sarà abolito; e per quanto riguarda il comparto sanitario nazionale sono in dirittura d'arrivo ben tre diversi ticket. Una vera e propria «amnesia» sembra aver colpito i leader della maggioranza, che ormai sempre più stretti tra la realtà e gli impegni presi negli anni scorsi, hanno dimenticato tutto quello che avevano promesso. E senza accorgersene, o meglio nascondendolo ai cittadini e ai loro elettori, confermano le riforme fatte da Berlusconi. Basta confrontare le dichiarazioni di qualche anno fa con l'attualità per rendersi conto del grande bluff orchestrato dal centrosinistra. Ad esempio, solo un anno fa Prodi, davanti all'assemblea della sinistra radicale, aveva promesso che non sarebbe intervenuto sulle pensioni. Una posizione che il Professore sembrava voler confermare anche nei primi giorni di governo, rassicurando, a inizio luglio, che «per il momento il capitolo pensioni, compreso l'aspetto riguardante il cosiddetto "scalone", non è un argomento in discussione». Ma passa un mese e con la presentazione della Legge Finanziaria il premier cambia idea. A fine agosto ritorna sui suoi passi e spiega che il Governo è d'accordo con «una scelta di un cambiamento radicale sulle pensioni: faremo in modo che ci sia sempre più un aspetto di scelta e volontarietà». Per chi non l'avesse capito: nessuna abolizione della riforma Maroni e neanche il superamento dello scalone previsto dalla riforma stessa e tanto criticato dalla sinistra. Alla faccia di chi aveva assicurato che non avrebbe toccato le pensioni. Sempre in tema di pensioni, proprio D'Alema da Genova nel 2003 boccia severamente la riforma con un lapidario: «Inapplicabile, rozza e punitiva». Ora non dice una parola. Chissà avrà cambiato idea visto che il Governo di cui fa parte "baffino" non cancellerà la riforma del centrodestra. Sulle pensioni non si risparmia neanche il ministro dei Beni Culturali Rutelli, che, mentre nel novembre del 2005 rifiutò seccamente la proposta di Berlusconi di alzare l'età pensionabile, oggi davanti agli industriali a Cernobbio afferma che è possibile «innalzare l'età per accedere alla pensione, attorno ai 60 anni». Meno male che aveva detto in un'intervista al Corrsera del 21 gennaio che «la riforma previdenziale del governo fa schifo». E per finire il settore sanitario. Protagonista nuovamente il ministro degli Esteri D'Alema che a Napoli a marzo si schierava contro l'ipotesi dell'introduzione dei ticket per la sanità: «Questo sistema fa gravare la sanità sulle persona malate. Sono affinchè i grandi diritti collettivi vengano assicurati dalle entrate fiscali, sulla base di un principio di solidarietà, e non sulla base del fatto che paga chi sta male. Si paga tutti e quando uno sta male viene assistito gratuitamente». Impegno puntualmente disatteso, visto che