Senza D'Alema è la festa di Piero
Si muove da vero padrone di casa tra i militanti che lo celebrano
E qualche ora prima la Festa nazionale dell'Unità è iniziata. Romano Prodi ha appena concluso la sua intervista pubblica tra gli applausi dei compagni diessini. Il premier si avvia verso la macchina che lo riporterà all'aeroporto di Rimini. Stringe la mani firma autografi con la stessa dedica «Con amicizia, Romano Prodi». Al suo fianco lo segue Piero Fassino. Lo scorta, lo protegge. C'è la calca, Fassino si distrae un attimo nella confusione. Prodi entra nell'auto e, approfittando della portiera aperta, un militante s'infila per scambiare due battute con il Professore. Il segretario dei Ds è lì davanti in piedi, se ne accorge, prende l'attivista del suo partito per un braccio e lo trascina fuori: «Scusa, eh. Ma Romano deve andare via», gli dice come un perfetto padrone di casa premuroso nei confronti dell'ospite illustre. E già, il leader della Quercia qui alla Festa dell'Unità non è solo un padrone di casa. E' il padrone. E quella che si sta svolgendo a Pesaro più che la Festa dedicata al giornale di partito è la festa di Piero. Lui l'ha voluta qui, in una città piccola e fuori dal triangolo rosso Bologna-Reggio Emilia-Modena. Una scelta che ha fatto storcere il naso agli emiliani. E l'ha voluta proprio a Pesaro perché è al congresso di Pesaro di cinque anni fa che Fassino prese al guida del partito. Una scelta politica, ma altamente simbolica. Oggi che tutti sono andati via, sono al governo. Ora che la diarchia con D'Alema è ormai un ricordo passato e l'opposizione interna appare imbrigliata, i girotondi hanno smesso di girare, gli intellettuali evitano di criticare perché anche una sillaba potrebbe far cascare il governo e nessuno si vuole assumere questa responsabilità. Insomma, proprio ora Fassino può celebrarsi un po'. E può anche farsi cucire su misura una festa nella città dove vinse la segreteria del partito. D'altro canto lo ha preso in mano cotto e l'ha riportato al governo del Paese, vincendo in mezzo Regioni e Comuni. Il programma - che nella liturgia dei partiti tradizionali ha sempre un'importanza oltremisura - ha voluto dedicargli una giornata intera. Il giorno dopo l'inaugurazione, lasciata a Prodi. Un'intera giornata in cui non è stato inserito manco un intervento di un sottosegretario di passaggio tanto per non distorcere la luce dal segretario. Dopo aver energicamente allontanato il militante invadente, Fassino - l'altra sera - s'è concesso un po' di bagno di folla. Un giro tra gli stand. «Piero, vai avanti con il partito unico, capito?», gli ha gridato uno incrociandolo. «Piero, non vi doveve distrarre un attimo», gli ha fatto un altro. E via, strette di mano. Abbracci. «Dove andiamo stasera? A Ferrara», fa il segretario ai suoi. E entra nel ristorante della cittadina estense. Giro tra i tavoli e tradizionale saluto nelle cucine, come si conviene a un leader della sinistra. Ieri via la giacca e la cravatta, meglio un look casual con comicia a righe e pantaloni chiari. Il saluto con Carlin Petrini e Tonino Guerra che èp venuto a fargli visita. Migliavacca e Magistrelli lo coadiuvano. Il partito ormai è loro. La festa è sua, è la festa di Piero. F.D.O.