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di FABIO PERUGIA LUCI e ombre sul futuro delle pensioni italiane.

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Il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, sta cercando una nuova soluzione che renda flessibile lo «scalone» previsto dalla riforma Maroni. Il capogruppo della Lega Nord alla Camera, durante la XIV legislatura varò il cosiddetto «scalone», che prevede, dal primo gennaio 2008, l'aumento da 57 a 60 anni la soglia per potersi ritirare dal lavoro, purchè si abbiano 35 anni di contributi versati. Ora, il ministro Damiano vorrebbe rendere più flessibile il procedimento, dando la possibilità a chi vuole uscire dal mondo del lavoro prima dei 60, di farlo ma con un disincentivo. «L'Italia — spiega la segreteria del Ministro — ha bisogno non di una nuova riforma delle pensioni, semmai di tornare alla corretta attuazzione della legge Dini, che il precedente governo ha stravolto sia con la legge dello "scalone", sia irrigidendo l'età di uscita dal sistema contributivo a 65 anni. Gli interventi in materia pensionistica del governo Prodi — continua il comunicato — saranno coerenti con il programma elettorale dell'Unione. Si sta discutendo l'ipotesi di attenuare lo "scalone" o di offrire un'alternativa allo stesso, prevedendo che nel 2008 chi voglia andare in pensione, avendo meno di 60 anni, possa farlo con un lieve disincentivo». Il ministero ha inoltre escluso l'idea di innalzare l'età pensionistica a 62 anni. Al contrario propone un incentivo finanziario ai soggetti che decidono di andare in pensione dopo la soglia prevista dalla legge. E già si parla di percentuali. Secondo l'economista Elsa Fornero, membro del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale, il disincentivo per chi lascerà il lavoro prima dei 60 dovrebbe valere almeno il 3-3,5% l'anno. «Se si vuole applicare correttamente gli incentivi — spiega l'economista — dobbiamo considerare che ogni anno dovrebbe valere il 3-3,5% della pensione». Ciò vorrebbe dire che uscendo a 57 anni dal mondo del lavoro si riceverebbe un assegno decurtato di circa il 10%. Al contrario, andando in pensione a 63 anni, quel 10% diventerebbe un incentivo. Ma nella nota del ministero, si confermano anche le indiscrezioni sull'aumento dei contributi previdenziali per i lavoratori parasubordinati (al momento pagano il 18,20% sul compenso e ottengono una prestazione sulla base dei contributi versati, superati i 5 anni di versamenti), e si ipotizza un prelievo straordinario sulle pensioni più alte. Ciò porterebbe al «decollo della previdenza complementare — dichiara il ministero — risolvendo il problema del Fondo di garanzia e sbloccando i Fondi dei pubblici dipendenti. Ed ancora l'introduzione di un meccanismo di sostegno dei giovani che si avviano al lavoro con occupazioni precarie, la graduale eliminazione del divieto di cumulo dei redditi da lavoro e da pensione, e misure a favore delle pensioni più basse. Questo, oltre a un prelievo straordinario sulle pensioni più alte». Infine il ministero sottolinea come la revisione dei coefficienti di trasformazione della legge Dini «influisce solo intorno al 2016 e in ogni caso sarà sottoposta alla consultazione delle forze sociali». Intanto ieri sono arrivati anche i dati confortanti del ministero dell'Economia rispetto ai conti pubblici. Il fabbisogno del settore statale ha registrato, ad agosto, un disavanzo di 7,8 miliardi di euro, contro un «rosso» di 9,1 dell'agosto 2005. Ora il fabbisogno cumulato nei primi 8 mesi dell'anno scende così a 36,4 miliardi.

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