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di LUIGI FRASCA «LA mia riflessione autocritica sulle posizioni prese dal Pci, e da me condivise, nel ...

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Poche parole pubblicate sulla prima pagine dell'Unità. Poche parole con cui il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano torna su una delle pagine più difficili della sua storia personale e di quella dell'ormai ex Partito Comunista Italiano. Il breve messaggio pubblicato ieri, è stato inviato dal Capo dello Stato al presidente della Fondazione Nenni Giuseppe Tamburrano e anticipa di qualche mese quello che potrebbe essere un momento chiave del suo settennato: la visita a Budapest, il prossimo ottobre, in occasione delle celebrazioni per i 50 anni della rivolta ungherese. Un invito che la presidenza delle Repubblica ungherese aveva rivolto a Napolitano già lo scorso maggio e che aveva scatenato le proteste di alcuni veterani della rivolta tra cui Maria Wittner (deputata conservatrice ex condannata a morte e poi graziata dopo il '56) e Sandro Racz (ex presidente dei consigli operai di Budapest durante i moti, repressi nel sangue dai carri armati sovietici, condannato pure lui nel 1957). In realtà Napolitano aveva già riconosciuto 20 anni fa che Antonio Giolitti aveva avuto ragione nel criticare l'intervento militare sovietico. Ma ieri è arrivato anche il riconoscimento delle ragioni di Nenni. E non è un riconoscimento da poco. Non solo perché Napolitano, allora giovane funzionario del Pci, usò parole dure contro Giolitti e contro il Psi che condannavano l'intervento militare sovietico, sostenendo invece che si trattasse di un elemento di «stabilizzazione internazionale» e addirittura di un «contributo alla pace nel mondo», ma anche perché, sottolinea l'Unità, dare ragione a Nenni significa riconoscere «ad un partito della sinistra (i compagni con cui si era costituito il Fronte Popolare) la capacità di aver visto giusto». Anche per questo, alla vigilia della sua elezione sul Colle erano stati molti gli esponenti del centrodestra che avevano chiesto al Capo dello Stato di fare pubblica ammenda per quell'errore di valutazione. Lo scorso 25 agosto poi, il quotidiano Libero, in un editoriale del vicedirettore Renato Farina, aveva chiesto al presidente di dichiarare una volta che il «comunismo è stato un male assoluto». E il messaggio di ieri, anche se indirettamente, sembra andare in questa direzione. Per Giuseppe Tamburrano le parole di Napolitano «hanno un enorme valore». «So bene - dichiara il presidente della Fondazione Nenni - che il Pci del 1956 non avrebbe potuto rompere con Mosca», ma certo, aggiunge, «guardando indietro con gli occhi di oggi mi viene da dire che se allora il Pci avesse assunto una posizione meno netta, se avesse prevalso Di Vittorio che ha sempre criticato l'intervento sovietico a reprimere la rivolta popolare ungherese, forse avremmo avuto una storia diversa dell'Italia e della sinistra italiana...». Anche per questo la fondazione pubblicherà il messaggio, insieme al capitolo sul '56 tratto dall'autobiografia di Napolitano «Dal Pci al socialismo europeo», in un libro-riflessione che uscirà a fine ottobre.

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