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di GIANNI DI CAPUA «IL CONTINGENTE italiano non può abbandonare l'Afghanistan».

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Il premier, infatti, lo ha annunciato proprio da Telese Terme, dove era in corso la festa dell'Udeur, e lo ha fatto a non molte ore di distanza da un altro annuncio, di Mastella, con il quale il ministro proponeva il ritiro delle truppe da Kabul. «Ora noi abbiamo preso impegni e non ci sono le condizioni per diminuire o aumentare il contingente in Afghanistan - ha sottolineato il primo ministro - non credo che ora possiamo dire usciamo, dopo gli impegni presi di fronte alla comunità internazionale». Certo che Mastella non sarà stato il solo a soffrire la «puntura» del Professore. A toccarsi il fondo schiena sarà stata tutta la sinistra radicale, a cominciare dal ministro Pecoraro Scanio e dai suoi ascari (vedi Bonelli), fino ai comunisti, Russo Spena in testa. Il presidente del Consiglio, che ieri, salutando dalla Garibaldi la partenza dei nostri, si è detto fiducioso sulla missione Unifil, ha poi rivelato la sua vera natura, quella dell'uomo prudente, definendo la missione «delicatissima» e ha telefonato al presidente siriano Bashar Assad per spiegare quale sarà il ruolo dell'Italia e sottolineare la necessità di gesti concreti per la pace nel paese dei cedri. Il Prof, sempre dal «palco» di Telese Terme ha tenuto anche a ribadire che «per la prima volta l'Unione europea accetta una sfida del genere e il fatto poi che l'Italia abbia contribuito tanto a coagulare la volontà europea è da considerarsi un fatto notevole». Ma al premier non basta, e guarda con ottimismo all'Italia come il nuovo veicolo del dialogo in Medioriente tra i paesi in conflitto. Nella telefonata con Assad, infatti, i due leader hanno scambiato le proprie valutazioni sulla situazione in Libano e su tutta l'area mediorientale, esaminato le prospettive di un rilancio del dialogo che consenta di raggiungere una soluzione comprensiva e duratura dei complessi problemi della regione. «In politica estera occorre il coraggio delle decisioni, anche quando si è soli. E così, in questo modo, abbiamo attirato molti Paesi europei». Sul terreno delle trattative sul piano internazionale, ha aggiunto poi il premier, «abbiamo messo un po' in crisi il concetto che l'unilateralismo sia l'unico modo per risolvere le crisi». Quanto alla missione in Libano, Prodi ha detto di essere rimasto «colpito proprio dalla richiesta dei diversi Paesi in conflitto di avere un rapporto tra loro fino ad oggi inesistente».

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