Il ministro Antonio Di Pietro rivela che il governo presenterà il testo a breve
Troppi i 35 miliardi della prossima Finanziaria? Se un malato è grave va curato bene e non si può rinviare la medicina o farla prendere in due tranche. Troppi applausi a Berlusconi al Meeting di Rimini? Non significano nulla, anche io vengo applaudito a ogni uscita pubblica, la politica è un'altra cosa». Antonio Di Pietro, ministro delle Infrastrutture, fa un bilancio di questi primi mesi di legislatura e anticipa i prossimi passi del governo alla ripresa autunnale. A cominciare dalla legge sul conflitto d'interessi che il ministro Gentiloni sta mettendo a punto e presenterà a breve, alla lotta agli sprechi alle liberalizzazioni e alla riforma degli ordini. Non si è ancora entrati nel merito della Finanziaria e già nel governo si litiga sull'entità che Barsani vorrebbe di 35 miliardi subito mentre Ferrero in due anni. Lei sta con Bersani o con Ferrero? «Io sto dalla parte dell'economia. Il gettito fiscale superiore alle previsioni non deve far abbassare la guardia. Una questione è il debito pubblico e un'altra le entrate periodiche. Le entrate superiori al previsto aiutano la situazione di cassa e il bilancio di competenza ma non incidono sul debito pubblico che è il vero problema del Paese. Oggi risentiamo delle politiche di spesa per impegno a futura memoria, effettuate in 50 anni. L'ultima di questa serie è la legge obiettivo: a fronte di 174 miliardi per infrastrutture approvate dal Cipe non sono state previste risorse per 114 miliardi e ora se si vuole mantenere quell'impegno bisognerebbe impegnare il gettito delle tasse pagate dai nostri figli e dai figli dei nostri figli. Quando Padoa Schioppa dice che la situazione economica è grave bisogna ascoltarlo. Io ho accolto il suo monito e ho cominciato a selezionare le opere da mettere al primo posto e quindi a scaglionare gli interventi in modo da fare quelli veramente urgenti. Il che significa ad esempio privilegiare il completamento delle infrastrutture stradali di Calabria e Sicilia e i sistemi idrici di queste due regioni piuttosto che il Ponte sullo Stretto». Ma insomma la medicina della Finanziaria la dobbiamo ingerire in una sola volta o in due anni? «Quando il malato è grave bisogna intervenire con una potente cura. L'economia non può rimanere a galleggiare e ha bisogno di interventi strutturali profondi. Il che significa una manovra strutturale che intervenga in tutti i settori; l'individuazione di priorità che deve passare attraverso la liberalizzazione dei servizi e dei prodotti. Già sappiamo che le categorie faranno resistenza alle liberalizzazioni ma finora la politica del veto contro veto ha prodotto un Paese stantio». Ma 35 miliardi sono tanti. «O si mettono i soldi o le infrastrutture non si fanno. Poi ci sono gli interventi per la protezione sociale. Insomma sono necessarie manovre importanti. Il che non significa più tasse ma soprattutto grande lotta agli sprechi». Liberalizzazioni? Quale è la prossima tappa? «L'energia sicuramente. Poi bisognerebbe aumentare l'intervento privato nelle infrastrutture e riformare gli ordini. Questi per certi versi rappresentano una garanzia di professionalità ma si sono anche trasformati in centri di potere e monopolio». Come andrebbero riformati gli ordini? «Eliminando caso per caso le pastoie che impediscono alle professionalità di emergere. Gli ordini non devono essere dei fattori di impedimento». Anche lei è pare cambiare la legge elettorale? «Bisogna implementare il meccanismo bipolare in prospettiva di un bipartitismo. L'attuale legge elettorale non riesce a garantire nè il bipolarismo nè la stabilità. Il problema non è la durata della legislatura ma cosa si riesce a fare». Il che significa che bisognerebbe ricorrere alle larghe intese? «Va rispettato il mandato elettorale che ha dato a questa coalizione il compito di governare. In caso di crisi bisogna tornare alla urne. Ma tra larghe intese e ritorno alle urne ci possono essere anche le convergenze su alcune leggi e decisioni che interessano il Paese