Destra e sinistra preparano la riorganizzazione: dal Partito Democratico alla Federazione del Cav
Chiusa la lunghissima partita delle elezioni, archiviati i primi cento giorni del governo Prodi e i decreti approvati a colpi di fiducia, da settembre i partiti riconquisteranno il centro del palcoscenico politico. Prodi è atteso dal varo di una Finanziaria difficilissima che in molti nella Cdl immaginano diventerà anche l'epitaffio del suo governo, ma parallelamente Unione e Cdl dovranno iniziare a mettere un po' di ordine nella tumultuosa vita interna delle formazioni che compongono le rispettive coalizioni. Stimolati anche dal fatto che con una maggioranza così esigua al Senato il centrosinistra dovrà escogitare qualcosa per tentare una difficilissima sopravvivenza. Nella Cdl restano fondamentalmente aperte due questioni: la nascita di un partito unico — o almeno una federazione, così come l'ha immaginata intervenendo al meeting di Comunione e Liberazione Silvio Berlusconi — e la leadership della coalizione. Più difficile da affrontare la prima — per la riottosità di Lega e Udc — rispetto alla seconda, visto che proprio il Cavaliere venerdì a Rimini ha rilanciato il suo ruolo «insostituibile» alla guida della Casa delle Libertà. I più inquieti sono i centristi dell'Udc, quelli più propensi a parlare di quelle «larghe intese» che mandano su tutte le furie il Cavaliere. Che proprio al partito di Casini l'Unione guardi per dare un sostegno un po' più robusto alla maggioranza di palazzo Madama non è un segreto. Ma il punto è sapere se l'eventuale «emorragia» riguarderà solo alcuni senatori o tutto il partito. Di sicuro Casini gioca una sua personalissima partita, fatta di dichiarazioni di fedeltà alla Cdl ma anche di nette distinzioni rispetto alla strada politica scelta da Berlusconi fatta di «lotta dura» all'Unione. Alleanza Nazionale invece è il partito che più di tutti è a metà del guado. Fini vuole condurre i suoi uomini a scrollarsi di dosso gli ultimi resti di quello che fu il Movimento Sociale Italiano e ha già apertamente parlato di una Fiuggi 2. Ma è anche il leader più convinto ad aderire all'idea di un partito unico moderato del centrodestra, una federazione che riunisca tutte le varie forze sotto un unico simbolo. Partita a parte gioca la Lega. La battaglia sulla quale Bossi e gli uomini del Carroccio non sono disposti a cedere è quella sul federalismo. Ma il senatùr è anche l'alleato più fedele di Berlusconi, quello che comunque gli garantisce un appoggio incondizionato, anche se la Lega non vuole sentir parlare di partito unico. Nell'Unione, invece, è tutta da decidere e da «confezionare» l'idea del Partito democratico, la formazione che dovrebbe nascere dalle ceneri di Ds e Margherita. Il diessino Peppino Caldarola è «scettico» perché, spiega, «finora la discussione è stata su date e leadership e non invece sui contenuti» come sarebbe necessario. E un primo scoglio per la nascita del Pd, spiega Caldarola, è «il tema della collocazione internazionale della formazione che divide noi e i Dl. Noi pensiamo che non può nascere come struttura esclusivamente nazionale ma debba far parte della famiglia del socialismo europeo». «Poi — prosegue — c'è il problema dei cattolici. Parte dei Dl sottolineano la necessità di una formazione più marcatamente cattolica. E questo, pur tenendo conto che nei Ds non c'è una componente anticattolica, non elimina la preoccupazione che il rapporto con la gerarchia ecclesiastica sia un rapporto fra liberi, tra forze che discutono. Forse tra i Dl prevale invece un rapporto di contiguità. È qui la differenza». «Infine - conclude Caldarola - i Ds non vogliono certo lasciare a Rifondazione il monopolio della sinistra. Sulla leadership, invece, non ci sono dubbi. Trattando con Annan e la Francia e dialogando in prima persona con l'opposizione, Prodi ha dimostrato, se ce n'era bisogno, di essere il leader. Il dubbio, semmai, è se accelerare o meno il processo di formazione del Pd. Forse è per questo, e non soltanto per la crisi libanese e la questione del contingente italiano sotto l'egida Onu, che non se ne parla da