di STEFANO POSCIA BEIRUT — All'indomani del vertice di Bruxelles e senza grandi distinzioni, la stampa ...
Setticismo che si accompagna alla diffusa convinzione che Hezbollah sia uscito «vittorioso» dai 34 giorni dell'ultima guerra con Israele, mentre il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, è atteso domani a Beirut per dare il via ufficiale all'invio dei 6.900 «caschi blu» europei di rinforzo ai 2.000 già schierati in Libano. «L'importanza della forza è la sua inclusione di paesi europei essenziali che daranno all'Unifil i denti di cui ha bisogno», ha commentato il quotidiano An-Nahar, sottolineando la necessità che anche la Turchia - paese musulmano della Nato, ma soprattutto «importante potenza regionale di cui Siria e Iran hanno timore» - entri adesso a farne parte. «Grazie a Dio, l'Europa ha preso la sua decisione indipendentemente dal «Grande fratello» americano, ma dopo una missione del ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni nei paesi che daranno il maggior contributo alla nuova Unifil», ha invece ironizzato il quotidiano filosiriano As-Safir. «A ogni modo, diamo il benvenuto a queste forze, sperando che agiscano con onestà», ha tuttavia aggiunto. E sempre riferendosi alle «nazioni amiche» dell'Unione europea, il quotidiano in lingua francese L'Orient-Le Jour ha affermato che «esse hanno diritto alla nostra più profonda riconoscenza: con una menzione tutta particolare, è vero, per la Francia e l'Italia, che si sono disputate il primo posto con sportiva asprezza». Ma il commento più significativo è giunto dal «numero due» di Hezbollah, Sheikh Naim Kassim, che in un'intervista ad An-Nahar ha ribadito la posizione del movimento sciita, oggetto nelle ultime due settimane di intensi quanto discreti contatti diplomatici dietro le quinte: «Il compito della forza Onu non è quello di ricercare depositi di armi o assaltarli, ma di aiutare l'esercito libanese», ha detto, alludendo alla spinosa questione del disarmo dei guerriglieri del Partito di Dio. I risultati di un sondaggio d'opinione del Centro per la ricerca e l'informazione di Beirut, resi noti dal quotidiano Daily Star, sembrano intanto confermare che la posizione del movimento sciita si è rafforzata dopo i 34 giorni di guerra con Israele: il 72 per cento dei libanesi ritiene che ne sia uscito «vittorioso» e il 77,3 per cento pensa che dovrebbe appoggiare l'esercito governativo in caso di «future aggressioni israeliane». Ma i risultati più significativi del sondaggio, condotto tra il 18 e il 20 agosto su un campione di 800 libanesi rappresentativi delle quattro principali comunità (sciita, sunnita, cristiana e drusa), sono altri due: la schiacciante maggioranza degli intervistati (84,6 per cento) ritiene che la guerra sia stata il «risultato di un precedente piano» d'Israle, e non della cattura di due soldati israeliani a opera dei guerriglieri Hezbollah il 12 luglio; e una maggioranza consistente (64,9 per cento) è convinta che, seppur rafforzata, l'Unifil non saprà «sventare qualsiasi futura aggressione israeliana». La logica conseguenza è che il 74,5 per cento dei libanesi non ritiene «possibile» la pace con Israele.