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Il governatore lombardo cerca larghe intese con Prodi su scala regionale

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Uno non vuol sentir parlare di centrosinistra, l'altro prova a instaurare un contatto con la maggioranza. Certo, è difficile parlare di una divisione plateale (perché si sarebbe verificata all'auditorium del meeting di Rimini) tra Silvio Berlusconi e Roberto Formigoni. Ma una diversità di vedute certamente sì. E soprattutto si manifestano evidenti le due sensibilità che sono dentro Forza Italia, che poi sono anche le due sensibilità che emergono anche dentro la Cdl. Con un'ala che ricerca l'altra parte, e l'altra invece che cerca la rivincita, la spallata, addirittura la vendetta. E non è facile immaginarlo se si pensa che Berlusconi torna a parlare ancora una volta, l'ennesima, di brogli elettorali. Come se non avesse digerito ancora la sconfitta. Tira fuori di nuovo, dai meandri del suo cervello che sembravano aver archiviato la pratica, la cifra di un milione di schede sulle quali sarebbe stato cambiata la preferenza da «professionisti della politica». E non vuol saperne neanche di larghe intese. Nell'incontro che avrà al Grand Hotel con i forzisti di Cl e lo stesso Formigoni sottolineerà chiaramente che non vuole intraprendere sofisticate strategie di alleanza ma preferisce la lotta (all'Auditorium ha parlato di opposizione da fare anche per le strade e in piazza oltre che in Parlamento) e tirerà le orecchie a Casini, spiegando che non gli conviene fare da stampella al governo e che nella Cdl è ancora un «generale». Ma torniamo all'Auditorium. «Ricordo - mette subito in chiaro Berlusconi - alla sinistra e al presidente del Senato Marini (che domenica, in apertura del Meeting, aveva invocato il dialogo tra maggioranza e opposizione, ndr) che il dialogo noi lo abbiamo offerto subito dopo il risultato delle elezioni». Non solo, ma rivendica: «Davanti a un risultato che dava a noi 120mila voti in più e con tante contestazioni sui voti avrebbe dovuto sedersi a un tavolo per stabilire le cose da fare insieme per il Paese in un determinato termine. Ma la sinistra ci ha chiuso subito la porta in faccia e, malgrado la parità che c'era, ha provveduto ad appropriarsi di tutte le istituzioni del Paese. Con il risultato che oggi la nostra democrazia non ha alcun contrappeso al potere della sinistra». Pochi minuti dopo parla invece il presidente della Regione Lombardia. E i toni sono altri. Meno gladiatori, più politici. E a tutto campo. Per esempio, al muro che alza il leader della Cdl agli immigrati, il governatore lombardo spiega: «Continuiamo ad essere disponibili al dialogo con coloro che giungono in Italia con intenzioni pacifiche, ma non arretreremo di un millimetro di fronte agli attacchi di chi costituisce una minaccia per il nostro Paese». Si spinge oltre, Formigoni. Pensa al federalismo, di aprire una trattativa con il governo centrale per avere nuove competenze. Pensa di ottenere «quello che il titolo V della nostra Costituzione ci permette, ovvero che siano trasferite competenze maggiori alla nostra Regione in campi sui quali sappiamo di poter operare». Altro che dialogo, siamo già alle larghe intese. Le larghe intese su scala regionale.

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