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LO sciopero generale «si sta avvicinando».

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«Le rassicurazioni circa l'apertura dei tavoli negoziali - affermano - è la ciliegina sulla torta. Hanno deciso le quantità, cosa resta da contrattare? Le riprese a settembre della conflittualità nel pubblico impiego ci sono tutte: scadenze contrattuali non rispettate, risorse irrisorie da impegnare, paventate ristrutturazioni della pubblica amministrazione finalizzate ad ulteriori tagli della spesa e dei servizi sociali, a forti riduzioni di personale che si coniugano con un precariato pubblico dilagante, in definitiva un progetto di smantellamento del pubblico impiego». Le Rdb, intanto, confermano lo sciopero del 6 ottobre dei precari della pubblica amministrazione. La polemica si estende anche alla questione fiscale. Nel mirino ci sono gli studi di settore che il ministro Visco vorrebbe rivedere. La Confartigianato è pronta a partecipare al confronto sugli studi di settore, ma, precisa il presidente Giorgio Guerrini, «mi auguro che sia l'occasione per un'operazione-trasparenza a 360 gradi, anche sui soggetti che ora non sono coinvolti negli studi di settore, come le società di capitali». Più in particolare, avverte il leader dell'organizzazione artigiana, «non siamo disposti ad accettare adeguamenti automatici agli studi di settore, nè proposte di catastizzazione dei redditi. Chiediamo invece una revisione degli studi di settore basata su criteri ordinari che rispecchino e rispettino la realtà economica. Vogliamo che sia fatta chiarezza sul maggiore imponibile scaturito dall'applicazione degli studi di settore e su quali interventi il governo intende attuare per i soggetti ai quali attualmente non si applicano gli studi». Ma soprattutto, conclude, la Confartigianato chiede all'esecutivo «che l'attuale approccio di identificare l'evasione fiscale soltanto con alcune categorie produttive venga sostituito dall'impegno a promuovere misure e interventi finalizzati allo sviluppo delle imprese». Intanto il presidente della Sose (Società per gli studi di settore), Giampiero Brunello, dice sì a un allargamento della platea dei soggetti interessati dagli studi di settore, ma mette dei paletti. «Il tetto di 5 milioni di euro può essere aumentato ma solo per alcune categorie. Per altre, come le attività professionali, il limite fissato è già troppo alto. E comunque bisogna concordare la revisione della soglia per gli studi di settore con le organizzazioni interessate». «Adesso la norma prevede che con il decreto di approvazione dello studio si possano fissare dei limiti diversi, inferiori rispetto ai 5 milioni di euro. Su questo si può lavorare anche per delle variazioni verso l'alto», afferma Brunello. «Per ciascuno studio si può arrivare a daterminare un limite anche superiore a 5 milioni, modificando la norma». «Ma è un'operazione che va rivisitata insieme a organizzazioni di categoria», afferma il presidente. Brunello critica poi le continue indiscrezioni su nuove revisioni degli stuti di settore: «Se stessero zitti farebbero una gran bella cosa». «L'effetto annuncio in una materia delicata come questa può creare delle situazioni di difesa da parte delle organizzaizoni che, di conseguenza, alzano le barricate.

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