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di MATTEO VINCENZONI «SPOSTARE i soldati dall'Afghanistan e portarli in Libano».

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Eppure l'onorevole sembra far sul serio quando annuncia che proporrà la sua bizzarra idea alla maggioranza. Fortunatamente per ora si tratta solo di «verificare la possibilità di utilizzare le truppe italiane presenti in Afghanistan per la missione in Libano». Quello di lasciare Kabul è sempre stato il sogno della sinistra radicale, quello sul quale ha tenuto inchiodata per giorni la maggioranza al momento di rifinanziare la missione. Secondo Bonelli però lo «scambio» di truppe si può fare, anzi, questa ipotesi gioverebbe allo Stato anche da un punto di vista economico. «Sarebbe un modo — ha continuato il Verde — per ottimizzare le risorse e concentrare lo sforzo in quella che è la priorità della politica internazionale: la questione israelo-palestinese». Ben detto, ma proprio sul tema delle risorse un primo freno alle dichiarazioni di Bonelli viene dalle stesse fila di Rifondazione. Il capogruppo Giovanni Russo Spena, pur non giudicando una cattiva idea quella di concentrarsi su una sola missione, spiega che «sicuramente i soldati impegnati in Libano avrebbero bisogno di un equipaggiamento e di strutture differenti da quelle stanziate in Afghanistan». E attrezzare da capo a piedi i «nostri» non può che voler dire «cacciare soldi a palate». Ma forse Bonelli pensava solo al risparmio di carburante che si avrebbe spostando direttamente le truppe dall'Afghanistan al Libano senza ripassare per l'Italia. Che sia giusto parlare di problemi economici è indubbio - lo sa bene Padoa Schioppa - ma cercare di dare un senso alla proposta di Bonelli tirando in ballo la penuria di soldi come fa Russo Spena quando dice «non credo che riusciremo a reggere una Finanziaria con due missioni così costose, di cui una con un probabile comando italiano», più che riduttivo sembra un tentativo di tirare acqua al mulino della sinistra radicale. Un bel sorso davvero, un bel sorso per mandare giù il boccone amaro della presenza italiana in Afghanistan. Per il diessino Caldarola quella di Bonelli è una cosa che non sta né in cielo né in terra: «Soldati Isaf in Libano? Non se ne parla proprio. Anche in Afghanistan siamo impegnati nel quadro di una missione Onu, e la situazione non si è tranquillizata per niente. C'è bisogno dei nostri soldati. L'Italia ha preso degli impegni precisi, anche recenti, che non si possono disattendere. L'unica decisione che era stata prevista riguardava il ritiro dall'Iraq, ed è stata presa. Per il resto la questione è chiusa». Per Gianfranco Rotondi, della Nuova Dc, invece, questa «infelice uscita» di Bonelli sarebbe l'ennesima riprova di uno stato di confusione all'interno della maggioranza in materia di politica estera: «La questione è semplice - aggiunge Rotondi - l'Italia andrà in Libano e guiderà la missione solo quando saranno chiare le regole di ingaggio e tutto sarà inquadrato all'interno di un impegno preciso dei Paesi della Ue. Pastrocchi per accontentare le forze radicali dell'Unione non ce ne debbono essere, altrimenti la nostra disponibilità si tramuterebbe in un nò secco alla missione». «La posizione di Bonelli e di parte della sinistra radicale - assicura Mauro Fabris, capogruppo dei Popolari-Udeur alla Camera - denuncia un pregiudizio politico dannoso per la credibilità internazionale del nostro Paese. La situazione di conflitto in Afghanistan - prosegue - è meno esplosiva di quella in Libano, l'unica differenza è che in Afghanistan c'è la presenza della Nato e degli Usa e quindi la posizione di Bonelli risente di questo pregiudizio e non di certo di condizioni oggettive sul campo».

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