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«Devono smettere di sparare altrimenti noi non andiamo»

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E D'Alema, Parisi e Rutelli chiedono all'Europa un impegno nelle forze Onu, altrimenti anche la presenza del contingente italiano dovrebbe esere ridimensionata. Richiesta che conferma i dubbi di quanti, nella Cdl, avevao criticato Prodi per essersi spinto troppo avanti nella disponibilità ad intervenire in Medio Oriente. Ma il ministro degli esteri ieri, in un'intervista a «Repubblica», si è spinto più in là e ha chiesto a Israele di impegnarsi a rispettare il cessate il fuoco. «È giusto — ha spiegato — pretendere il disarmo di Hezbollah, da Israele pretendiamo però un impegno vincolante a rispetatre la tregua». Intanto anche Vladimir Putin spinge perchè sia l'Italia ad assumere la guida della missione Unifil in Libano. Così almeno ha fatto sapere Palazzo Chigi dopo una lunga telefonata tra Romano Prodi e il presidente russo. Ma a Roma prevale ormai la prudenza. È convinzione diffusa che la missione potrà decollare soltanto quando e se saranno chiare non soltanto le regole d'ingaggio — e in questo senso qualche passo in avanti sarebbe stato fatto — ma sarà quantificata una partecipazione significativa di truppe europee al fianco di quelle italiane. Quando insomma, come ha sintetizzato con una battuta Arturo Parisi, si saprà quanti «scarponi» metteranno a disposizione gli altri paesi del Vecchio continente. Oggi invece si terrà una riunione tecnica a Bruxelles, mentre una delegazione della Farnesina andrà a Beirut per acquisire informazioni sullo stato del paese e sulle modalità di applicazione della risoluzione dell'Onu. Insomma, si procede con i piedi di piombo, e nella maggioranza molti condividono il richiamo alla realtà fatto da Pierluigi Castagnetti che ha insistito sulla «dimensione europea» che deve avere la missione, condizione questa «necessaria per ridurne i rischi militari e politici, assieme alla chiara definizione delle cosiddette regole d'ingaggio, per decidere la partecipazione di un forte contingente militare italiano». Una messa a punto che ha offerto a Gianfranco Fini il destro per ribadire che «senza un forte impegno politico e militare della Ue, anche l'Italia sarebbe costretta a rivedere la sua disponibilità». Una posizione subito rilanciata da un fronte bipartisan. Elettra Deiana, di Rifondazione comunista, ha dichiarato che «l'osservazione del presidente di An è di buon senso. Bisogna rendersi conto che questa è una condicio sine qua non affinchè partecipiamo a Unifil. Io penso che una missione di questo genere, per le caratteristiche complesse sul fronte politico, diplomatico e geopolitico e per i profili di rischio che comporta, richiede uno sforzo congiunto». «L'Italia non può prendere la guida della missione mentre gli altri paesi europei, quasi beffardamente, nel contempo ci incoraggiano a prenderla e per parte loro si defilano nella sostanza», ha aggiunto il vicecoordinatore di Forza Italia Fabrizio Cicchitto. Sostanzialmente analoga la presa di posizione di Antonello Soro della Margherita: «Non abbiamo il complesso di Atlante: l'Onu non è solo l'Italia, l'Europa non è solo l'Italia e nessuno potrebbe mai chiederci di andare in Libano da soli».

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