di SIMONA CAPORILLI «CERCHEREMO di convincere il governo libico che su un terreno che vede folle di ...
Non sono problemi che possono essere oggetto di discussione sul dare e avere». Se la prende con il leader libico Gheddafi il ministro dei trasporti Alessandro Binchi in visita ieri a Lampedusa. E per fermare l'arrivo dei clandestini, invece di fare un mea culpa sulle troppe promesse fatte dal governo per le sanatorie degli extracomunitari, chiede al colonnello libico di pensare a una «più opportuna vigilanza per fronteggiare l'emergenza umanitaria nella maniera più rapida e utile possibile». Ma il ministro va anche a caccia di finanziamenti: dieci milioni, per arginare la «questione immigrazione». Tanti i soldi che serviranno a rafforzare la guardia costiera, i controlli sul territorio di Lampedusa e, quindi, sui barconi diretti in Italia. Persone in cerca di lavoro, fortuna, condizioni stabili. In primo piano c'è un problema di aiuti umanitari. E accanto quello politico-istituzionale. Leggi che dovrebbero essere riscritte o aggiornate - come la Bossi-Fini - o, secondo alcuni, create ex novo. I dieci milioni di euro, invece, fanno parte di un progetto che il ministro dei Trasporti Bianchi ha annunciato ieri a Lampedusa, durante la visita alle vittime dell'incidente marittimo. Un intervento «immediato e straordinario», per arginare una situazione che «ha aspetti drammatici», come ha spiegato il ministro. Nelle condizioni attuali, il servizio «essenziale e prezioso» della Capitaneria di Porto non può essere svolto come dovrebbe: «Sono qui - ha spiegato Bianchi - per portare l'impegno del governo a prendere provvedimenti nei prossimi giorni. Abbiamo la necessità di rafforzare il presidio di uomini e mezzi in mare per far fronte alle situazioni di emergenza e fare un salto di qualità». Altra questione spinosa quella che riguarda le coste della Libia. Sui modi e sui metodi da utilizzare nei confronti del governo di Tripoli ci sono state le reazioni più svariate. Una regia, quella libica, che il segretario dei Radicali Capezzone non ha esitato a definire «cinica» accanto all'invito, rivolto alla maggioranza dal leghista Calderoli a «non scendere a patti». Ma il governo, sulle richieste (pretenziose) avanzate dalla Libia non va a caccia di compromessi. Soprattutto perché si viaggia su «un terreno che vede folle di disperati buttati in mare su vere e proprie carrette». L'emergenza c'è, e il terreno sul quale si muovono le trattative con la Libia è paludoso: è un dare-avere che, per il momento, ancora non trova via di uscita: le trattative - da Pisanu in poi - sono andate avanti a suon di elicotteri e mezzi blindati, che non sembrano aver suscitato le aspettative sperate. Sulle coste della Libia, infatti, per ora non c'è stato nessun giro di vite, in fatto di sicurezza e controlli. Questo è un terreno sul quale «non c'è molto da discutere - ha continuato il ministro Bianchi - ma solo da affrontare l'emergenza umanitaria nella maniera più rapida e utile possibile». Quindi alla Libia, Bianchi chiede maggiore vigilanza sulle partenze. Specificando che: «Non si può contrattare "do ut des" su un terreno che vede folle di disperati buttati in mare su carrette. Non c'è terreno di trattativa».