Ieri ancora un naufragio, forse altre 30 vittime Tutti attirati dalle false promesse della sinistra
Dalla prospettiva, rilanciata dal centrosinistra, di un condono facile, di una nuova cittadinanza quasi sicura. Ma quel miraggio per i disperati che negli ultimi giorni stanno attraversando il braccio di mare che separa l'Africa dall'Italia spesso finisce in tragedia. Come è successo in questi ultimi due giorni nel mare davanti a Lampedusa. La legge Bossi-Fini aveva in parte scoraggiato i viaggi sulle «carrette» del mare di chi veniva in Italia con l'illusione di una vita migliore. È bastato che il governo Prodi iniziasse a ventilare l'ipotesi di cambiare quel provevdimento perché immediatamente siano aumentati gli sbarchi sulle nostre coste. Ieri c'è stato un altro naufragio nel Canale di Sicilia, dopo il disastro di sabato, quando alle 3 del mattino un barcone carico di clandestini è colato a picco a dieci miglia a sud di Lampedusa, provocando almeno dieci morti. La tragedia di ieri è iniziata quando un peschereccio di Mazara del Vallo, il Cleos, ha avvistato un piccolo gruppo di persone aggrappate ad alcune assi di legno. Una zattera improvvisata, forse parte della «carretta» sulla quale navigava l'ennesimo carico umano in viaggio dall'Africa alla Sicilia che ha finito la sua traversata a 70 miglia a sud di Lampedusa. L'equipaggio siciliano ha lanciato l'allarme poco dopo le 14 alla centrale operativa della Capitaneria e offerto i primi soccorsi ai naufraghi, dieci uomini di nazionalità eritrea subito caricati a bordo del peschereccio. Stremati, spaventati, con evidenti escorazioni sotto le braccia, forse causate dalle lunghe ore trascorse aggrappati ai resti della carretta. Del «legno» che li trasportava non c'era traccia, era affondato da ore. Secondo quanto raccontato dai superstiti, il naufragio sarebbe avvenuto verso le sei del mattino. In un primo momento sembrava che i dieci clandestini fossero gli unici «passeggeri» del barcone, ma i migranti hanno sostenuto che a bordo ci fossero almeno 30 persone. Ancora dispersi, dunque. Ancora corpi da cercare nelle acque tra Africa e Sicilia. Ai 40 spariti in mare nella notte tra venerdì e sabato, se ne sono aggiunti altri venti. Nel tardo pomeriggio di ieri, un aereo della Marina Militare ha però avvistato cinque corpi, cinque cadaveri in un tratto di mare prossimo al punto nel quale sono stati soccorsi gli eritrei. Le salme sono state recuperate da un mezzo della Guardia di finanza. «La zona — spiega Francesco Galipò, capo reparto operativo della Capitaneria di porto di Palermo — è stata pattugliata fino al tramonto». Ricerche senza sosta per le forze dell'ordine, cominiciate già all'alba di ieri per cercare i 40 dispersi del naufragio di sabato. Tre unità della Guardia costiera, una delle fiamme gialle, una dei carabinieri e due mezzi aerei hanno battuto un tratto di mare sempre più ampio. «Dei naufraghi nessuna traccia - spiega Galipò -, mentre è stato soccorso un barcone sul quale viaggiavano 25 persone, poi trasferite a Lempedusa». Tra le vittime c'erano anche alcuni ragazzini. I superstiti sono stati trasportati nella tarda mattinata di sabato a Lampedusa dove, nel corso della giornata, sono stati condotti altri 55 migranti, soccorsi a 30 miglia a sud dall'isola. Nel gruppo anche 12 donne, un bambino e due neonati. E ieri un'altra barca con a bordo 11 immigrati è stata avvistata a tre miglia a ovest dell'isola di Marettimo e soccorsa dalla Capitaneria.