di GIUSEPPE DE FILIPPI VINCENZO Visco almeno non lavora di nascosto.
Con la manovrina, la correzione dei conti del 2006 approvata in luglio, si era dovuto muovere in gran fretta e ne era nata una serie di interventi mal congegnati e in gran parte, per fortuna, rivisti o del tutto cancellati. Il maggiore riguardava l'Iva degli immobili posseduti da aziende. Cambiava il meccanismo, da Iva a imposta di registro e si imponeva un pagamento retroattivo. Proteste a raffica e richiami perfino dalla banca d'Italia hanno portato alla cancellazione di alcune norme, ma per il futuro è rimasta la trasformazione dell'Iva in imposta di registro. Sempre nella manovrina aveva toccato l'aliquota Iva di alcuni prodotti. Piccoli cambiamenti, certo, ma anche lì ha dovuto fare qualche marcia indietro, come nel caso dell'aliquota su cioccolato, miele e altri dolci. Non è con questi tentativi estemporanei che Visco farà la sua politica fiscale. Con la Finanziaria è in arrivo la roba seria. Sono tre le direttrici di lavoro (annunciate in una recente intervista): la riorganizzazione dell'anagrafe tributaria, i controlli sulle società e il ridisegno delle aliquote delle imposte sui redditi. Tre compiti, in realtà, per i quali più che una Finanziaria ci vorrebbe una legislatura. Tre linee di attacco che sembrano tagliate apposta per andare a colpire (come ha notato anche qualche suo collega di governo) le categorie che non hanno votato per il centrosinistra. Ma vediamole con ordine. La riorganizzazione dell'anagrafe tributaria è basata sulla tracciabilità delle attività finanziarie dei contribuenti. Da qui nasce l'idea di rendere obbligatorio l'uso di strumenti come assegni, bonifici o carte di credito, per i pagamenti poco superiori a 100 euro. Si vuole conoscere tutto del contribuente, hanno ammesso onestamente alle Finanze, comprese le scelte individuali su automobili, vacanze, acquisti. L'obiettivo è quello di mettere i computer del ministero in grado di lavorare su un archivio costruito sui contribuenti e non sui tributi, come avviene ora. Un clic su un nome e tutto ciò che riguarda quella persona viene fuori. Seconda linea di lavoro: i controlli sulle società. In questa strategia rientra anche la stretta fiscale prevista sul lavoro autonomo, perché tra le società ci sono anche le piccole aziende e le micro imprese artigianali. Per ora siamo ai proclami e alle statistiche che lasciano stupiti ma non significano niente, come quella secondo la quale metà delle società di capitali sarebbe in perdita. Va bene per un'intervista, ma cosa fare concretamente? E poi, non è neanche detto che a quel dato corrisponda tutta l'evasione che il vice ministro sembrerebbe adombrare. Uno dei pallini di Visco è l'Iva. I dati che ha fatto circolare testimoniano di una probabile forte evasione dell'imposta grazie a triangolazioni tra aziende. Anche lì, però, ce ne vuole per fare qualche passo avanti. Infine le aliquote delle tasse sul reddito. Lì Visco trova una riduzione, la prima nella storia della Repubblica, ma è firmata dal suo odiato predecessore Tremonti. E non c'è solo l'antipatia per chi era prima al suo posto a muovere Visco, c'è anche la consapevolezza che, diversamente dai proclami contro l'evasione, il rialzo delle aliquote Irpef (o Ire, come si chiama adesso) un gettito lo dà, almeno nel breve. Visco è stato chiaro, spiegando che il governo ritoccherà le aliquote perché «ora è un disastro». Ritoccare significa cancellare i vantaggi dei due moduli della riforma Tremonti, quindi rialzare le aliquote sugli scaglioni più alti e, magari, anche dare una sforbiciata alle detrazioni sopra a certi livelli di reddito. Insomma: alzare le tasse, vendendo però il tutto come un'operazione di equità e giustizia sociale.