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Critiche per le operazioni militari ma Olmert è acclamato Padre della patria

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Da un sondaggio è emerso che la maggioranza degli israeliani vuole le dimissioni del ministro della Difesa, Amir Peretz, e anche la popolarità di Ehud Olmert è crollata dall'80 per cento di un mese fa al 40 per cento di oggi. La stragrande maggioranza degli intervistati è contraria alla decisione del governo di accettare la tregua promossa dall'Onu, senza avere ottenuto la liberazione dei due soldati catturati dall'Hezbollah. E non va bene neanche Tsahal, l'esercito da sempre perno dello stato ebraico: per la prima volta, il pubblico non è soddisfatto dei risultati sul campo, e per il 52% degli israeliani i militari non sono stati efficaci nella loro offensiva, secondo il sondaggio del quotidiano Yedioth Ahronoth. Per Ari Shavit, editorialista di Haaretz, il premier politicamente è un «dead man walking», un condannato a morte che si aggira per le sedi istituzionali del Paese perchè il suo destino è ormai segnato. «È possibile ipotizzare che Olmert non sarà più primo ministro quando la Knesset (Parlamento) aprirà la sua sessione invernale, ma lasciarlo al potere fino ad allora potrebbe provocare danni incalcolabili (a Israele)», ha scritto Shavit che già nei giorni scorsi aveva chiesto le dimissioni immediate di Olmert. Parole che pesano perchè Shavit, a differenza di molti suoi colleghi di Haaretz, non è considerato un giornalista "progressista" ma al contrario è noto come un conservatore, molto legato all'editore del suo giornale, Amos Schocken, inserito ai livelli più alti dell'establishment politico ed economico di Israele. Non tutti condividono i toni perentori dell'editorialista di Haaretz ma in ogni caso quello del premier Olmert si prevede un autunno molto "caldo". «Prepariamoci a delle elezioni» titolava Yoel Marcus, sul quotidiano Haaretz. «Un presidente indagato per molestie sessuali, il ministro per l'ambiente accusato di tangenti,il capo di stato maggiore indagato per aver venduto tutto il suo pacchetto di azioni poco prima che venisse annunciate l'inizio della guerra, oltre alle numerosissime critiche verso il Premier Olmert e il ministro della sicurezza Peretz per le decisioni prese durante la guerra, sono una ricetta sicura per nuove elezioni» commenta. Molti sono coloro che criticano il premier Olmert per aver accettato la risoluzione del consiglio di Sicurezza. Gli israeliani si chiedono: se questa è stata una guerra per la sopravvivenza, e lo è stata, perché accettare una decisione internazionale che lascia agli Hezbollah la possibilità di ricreare la loro forza con l'appoggio siriano e iraniano, destinato a sua volta a crescere? Ma Olmert sostiene invece che la risoluzione sancisce di fatto un successo israeliano, se non una vittoria completa. Per la prima volta il mondo riconosce la responsabilità degli Hezbollah, la necessità di disarmarli. Inoltre il mondo si è mobilitato per garantire che la risoluzione 1559 (che sgombera i miliziani dal sud del Libano) sia presa in considerazione pragmaticamente, con il dispiegamento dell'esercito libanese e un'Unifil molto rafforzata. Olmert viene tuttavia duramente criticato. La destra israeliana, il Likud, ha definito «vergognosa» la risoluzione dell'Onu, perché «equivale a cedere al terrorismo». In effetti, la risoluzione mostra anche molti punti deboli: parla dei soldati rapiti, ma non fa della loro restituzione un punto centrale (e questo è per gli israeliani con i figli al fronte un punto centrale). Il governo dei «non generali» è quindi fallito? Non ancora. Olmert, forse con poca esperienza militare, ma moltissima politica ha capito che per riaquistare l'appoggio della gente deve muoversi e ieri ha deciso di sospendere i piani per il ritiro dalla Cisgiordania in seguito alla recente crisi libanese. Una fonte vicina all'ufficio di Olmert ha sot

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