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L'ex presidente Cossiga: «Il futuro non è il centro ma il bipolarismo»

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Ma Casini - assicura l'ex «picconatore» - questo non lo farà. Per lui il futuro della Casa delle libertà è incerto e la coalizione, guidata ormai solo «formalmente» da Berlusconi, ha perso la sua grande occasione quando in Spagna governava Aznar e la Cdl poteva diventare la sezione italiana del Partito popolare europeo. Dall'alto del suo «buen retiro» in Barbagia e della sua lunga esperienza, il presidente emerito Francesco Cossiga osserva e valuta gli sviluppi della politica italiana che quest'estate, complice la «crisi libanese», non è mai andata in vacanza. Presidente, quella delle larghe intese, cioè un accordo fra maggioranza e opposizione, le sembra un'ipotesi possibile, conveniente e praticabile? «Non credo assolutamente che sia possibile. Non c'è il clima, non c'è l'emergenza che la giustifichi come in Germania. E poi le grandi intese si fanno quando ci sono due soli soggetti politici forti. Qui, al contrario, abbiamo due coalizioni. E il Pdci e il Prc non potrebbero mai convivere con Alleanza Nazionale e con una parte di Forza Italia. Per i Ds, poi, sarebbe un problema rompere con la sinistra radicale perché sarebbe una spaccatura difficile da ricomporre e peserebbe in caso di elezioni». Ma per il Paese sarebbe una cosa buona? «Sarebbe vantaggiosa se ci fossero obiettivi chiari e comuni, com'è accaduto in Germania. Ma da noi le due coalizioni non trovano coesione e unità interna, figuriamoci fra loro...». Il presidente del Senato Franco Marini dice no alle larghe intese ma sì al dialogo con l'opposizione su obiettivi di interesse generale. È d'accordo? «Il dialogo fra maggioranza e opposizione esiste in tutti i sistemi bipolari. Anche negli Usa e in Gran Bretagna c'è stata una netta convergenza, per esempio, sulla guerra in Iraq. Bene farebbe la Cdl a rafforzare, per quanto riguarda la politica estera, il ruolo di Prodi, che su questo ha avuto un atteggiamento molto equilibrato». Sempre Marini dice che non vuole essere l'uomo del dopo-Prodi. Secondo lei non è o non vuole essere? «Non lo sarebbe. Il centrosinistra si regge solo su Prodi, che è il punto di equilibrio fra le varie componenti della Margherita, tra Margherita e Ds e tra Ds da un lato, Rifondazione e Pdci dall'altro. Dopo Prodi ci sarebbe un'altra cosa...». E Berlusconi, invece, è ancora il leader della Cdl? «È ancora il leader formale del centrodestra. Non è più il leader sostanziale della coalizione». In questo quadro, qual è il ruolo futuro della Casa delle libertà? «Credo che la Cdl abbia perduto la grande occasione di diventare, con Aznar, la sezione italiana del Ppe. Ci sono state troppe titubanze. Berlusconi, che è un grande pubblicitario, temeva che Forza Italia potesse assomigliare a un partito della Prima Repubblica». Quali altri problemi ci sono nella Cdl? «Per esempio, c'è molta più vicinanza fra parte di An e FI che non fra FI e Udc». Parliamo del ruolo dell'Udc e di quello che sembra voglia assumere Pier Ferdinando Casini. Secondo lei, qual è il suo scopo? Il leader dell'Udc vuole spaccare la Cdl, rubare il ruolo di leader a Berlusconi, conquistare un ruolo strategicamente e politicamente più determinante per il suo partito? «Casini è convinto che la ruota tornerà al centro. Io credo che il centro sia ormai tramontato e credo nel futuro del bipolarismo, a parte eccezioni come quella tedesca». Lei ha dato un voto di 5 e mezzo al governo Prodi e ha aggiunto che non durerà più di due anni a meno che Casini non obbedisca al Professore. Pensa che obbedirà? «No. Non credo che lo farà e non credo che possa passare dal centrodestra al centrosinistra». Ma 5 e mezzo è un voto insufficiente, mediocre. Da bocciatura, insomma... «Non è così. Con questo voto si può anche essere promossi». Perchè ritiene che l'esecutivo non sopravviverà più di altri due anni? «Credo che ci saranno nuove elezioni. Il pasticcio della legge elettorale, le tensioni interne al centrosinistra e la fragili

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