Ieri prima riunione al Palazzo di Vetro su regole d'ingaggio e contingente
Nonostante le promesse di molti Paesi di inviare truppe, al momento nessuno ha ancora confermato quale sarà il numero dei propri militari e c'è chi come la Francia forse li ridurrà a una presenza simbolica: circa 200 genieri e una decina di ufficiali, mantenendo sotto il proprio comando le forze marine e aeree al largo del Libano. La Spagna ha confermato che invierà soldati, ma per farlo deve prima attendere la prossima riunione del Parlamento a fine mese. Chi si è detto disponibile da subito sono stati l'Indonesia e la Malesia, ma questi paesi non sono graditi da Israele, in quanto non hanno mai riconosciuto ufficialmente il paese della Stella di David. Infine la Turchia ha confermato la volontà di partecipare alla missione, ma Ankara non ha ancora specificato con quanti uomini vi parteciperà e quando è intenzionata a inviarli. In questo clima di incertezza, il governo italiano è corso ai ripari. Da una parte è in stretto contatto sia con l'Onu, sia con la Francia. Dall'altra ha preferito cautelarsi sulla questione del disarmo di Hezbollah. La decisione di Parigi deriverebbe dallo scetticismo sulla missione, legato all'instabilità della situazione nel sud del Libano e alla difficoltà di arrivare a un vero e proprio disarmo di Hezbollah. L'Italia potrebbe aiutare le truppe libanesi a disarmare Hezbollah solo se il mandato Onu lo prevedesse espressamente. Intanto, ieri a New York, si è tenuta la prima riunione operativa per la missione Onu in Libano. Tutte le decisioni, su formazione del contingente, comando e regole d'ingaggio, verranno prese la prossima settimana.