Il premier avverte: «Occasione di coesione politica»
Sulla partecipazione italiana alla missione Onu in Libano, il presidente del Consiglio procedere a piccoli passi. Vede prima il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, poi riceve il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa per verificare la copertura finanziaria per l'operazione militare. Esclude l'ipotesi di ricorrere a nuove tasse e vede a Palazzo Chigi i ministri della Difesa e degli Esteri, Arturo Parisi e Massimo D'Alema con il vicepremier Francesco Rutelli e il titolare del Viminale Giuliano Amato. Dopo non sa dare una cifra sul numero dei militari che parteciperanno alla missione, anche perché le trattative in sede Onu sulla composizione del contingente internazionale sembrano ancora nella fase embrionale. L'unico dato certo della turbinosa giornata del premier è la mano tesa all'opposizione: una novità per il Professore. E che accontenterà il Capo dello Stato che l'ha espressamente richiesto. «La delibera 1701 - premette il premier al termine del vertice in serata - ha stabilito una missione di pace che non ha precedenti nella politica mondiale, è una decisione dell'Onu ed è previsto un ruolo determinante da parte dei Paesi europei». Quindi sottolinea, leggendo nella sala stampa di Palazzo Chigi un testo scritto: «Consideriamo di importanza determinante che la comunità internazionale abbia voluto uscire da una situazione di guerra tramite le Nazioni Unite e questo è stato fatto con un ruolo determinante dell'Europa cui l'Italia ha dato un grande e attivo contributo per uscire dall'unilateralismo del passato con l'applicazione seria e completa dell'articolo 11 della Costituzione (quello in cui si ripudia la guerra, ndr) e coerente con il programma della maggioranza ed è una grande occasione di coesione politica per tutto il Paese». Per tutto il Paese, anche per la Cdl. Prodi quindi spiega il percorso politico che sarà seguito: venerdì si riunirà il Consiglio dei ministri straordinario. Dopo il governo informerà il Parlamento, presumibilmente nelle commissioni Difesa ed Esteri a metà della settimana successiva: dunque, il 23 o il 24 agosto. Quindi l'esecutivo attenderà i risultati del dibattito parlamentare e di quanto accadrà all'Onu sulla formazione del contingente. Anzi, il comunicato di Palazzo Chigi è ancora più esplicito: «A seguito del dibattito parlamentare, e delle deliberazioni che verranno nel frattempo adottate dalle Nazioni Unite circa la costituenda forza Onu, il consiglio dei Ministri si riunirà nuovamente per deliberare i provvedimenti necessari a definire l'entità della partecipazione italiana e la relativa copertura finanziaria». Insomma, salvo accelerazioni improvvise è assai improbabile che possano esserci decisioni prima della fine di agosto. È anche per questo che il premier è piuttosto sbrigativo nella conferenza stampa in serata. Risponde, ma solo per educazione, a un paio di domande dei giornalisti. Una per sottolineare l'invito all'opposizione, ripetendo quando era stato già detto. E due per affermare che «gli aspetti quantitativi della missione verranno esaminati alla luce del numero e dell'impegno di tutti i Paesi partecipanti». Resta aperto il problema della copertura finanziaria dell'operazione. Ma al Tesoro, nonostante le dichiarazioni del sottosegretario Paolo Cento («Non ci sono i soldi», al Tempo di ieri), non si mostrano molto preoccupati. D'altro canto è ben difficile che all'Italia venga richiesta una partecipazione e il governo debba rispondere che non può partecipare per un problema di cassa. Ma quanto potrebbe costare l'operazione? Per avere un raffronto (per quanto possibile), quella in Iraq - alla quale hanno partecipato in media 3000 militari, come si prevede per il Libano - è costata circa 1,6 miliardi in tre anni. A cui si aggiunge una serie di spese. Come i quasi 50 milioni ogni sei mesi per gli stipendi soprattutto per le indennità di missione. Poi ci sono i costi per i mezzi, quasi 5000 che hanno pesato sulle casse dello Stato per circa 9,2 milioni al mese. Tuttavia, nella nuova missione si immagina ch