Il premier chiude sulla grossa coalizione «Sarebbe la distruzione del bipolarismo»
Ancora una volta Romano Prodi scende in campo per stoppare i «cattivi pensieri» di chi vorrebbe una Grosse Koalition alla tedesca che raduni sotto lo stesso ombrello Berlusconi, Casini, Fini, Rutelli e D'Alema. Lo fa con un'intervista all'Espresso oggi in edicola (e di cui ieri è stata fornita un'anticipazione) nella quale, fedele alla linea del no, rinvia al mittente tanto le aperture dell'Udc, quanto quelle del leader di An Gianfranco Fini che, nelle scorse settimane, aveva lanciato l'idea di un patto tra i Poli sulla Finanziaria. Secondo il premier il dibattito sul «dopo-Prodi» è poco più che una boutade e scomparirà dopo le feste di partito. Quanto ad un possibile allargamento della maggioranza il Professore non ha dubbi: questo non è il governo degli «inciuci» e il suo Presidente non cerca «patti notturni» per acquistare voti al Senato. Insomma, la linea di Prodi è sempre la stessa: l'Unione è autosufficiente e ha il diritto di andare avanti. E a chi punta il dito contro le difficoltà di questi primi giorni risponde: «Meglio soffrire i primi mesi che far vivacchiare il Paese per un'altra generazione. Data la mia età e la mia carriera, non ho nulla da perdere a proporre grandi cambiamenti. Facciamo il conto: la luna di miele non c'è stata, ma non ci sono mai stati risultati così importanti in poco più di due mesi di governo». «Questo - sottolinea il premier - è un governo che vive sulle cose fatte e non sui proclami. Un governo che non si esprime nel periodo estivo, la stagione dei grandi inciuci. Il paese non si cambia con i fuochi d'artificio verbali degli infiniti dibattiti estivi». Il pensiero di Prodi, infatti, è rivolto soprattutto alla Finanziaria. Se non ci si fa prendere dai «mal di pancia», assicura, «non c'è maggioranza risicata che ci fermi»; se «lavoriamo così la coalizione resta compatta e unita». «Se è compatta - sottolinea - non ha bisogno di allargarsi. Però una coalizione compatta ha sempre una grande capacità di attrazione», se «lavora bene». Il premier ironizza anche sul «fattore C» che, secondo alcuni, sarebbe all'orgine delle sue vittorie elettorali. «Sono abituato - dice - ad affrontare sfide ritenute impossibili con tranquillità, serenità e con l'altissimo rischio di perdere. Mi metto in gioco con ottimismo. E, qualche volta, vinco io. Sarà questo il "fattore C"? C'è un fatto vero: io sono un ottimista, fino a rasentare l'incoscienza . In un Paese di scettici il "fattore C" è l'ottimismo». Quella di Prodi, in realtà, non è una vera e propria chiusura al dialogo con la Cdl. Anche perché, per il Presidente del Consiglio, ciò che rende impossibile il confronto è proprio il comportamente del centrodestra. «Come faccio - si domanda - a discutere quando un leader della destra mi dice o mi dai queste quattro cose o vado in piazza. Cos'è? Un'opposizione di lotta e di governo?». Il presidente del Consiglio ricorda a questo proposito le reazioni al dl Bersani e osserva: «Con la maggioranza bulgara che aveva, in 5 anni poteva andare avanti come un carro armato invece ha coccolato tutti i vizi del paese». Ora, «nessuno pretende che l'opposizione applauda, ma se vogliono dialogare dovranno dire prima o poi che cosa va bene e che cosa non va bene». «Al centrodestra chiedo: che Paese volete? C'è stato perfino l'incitamento all'evasione fiscale: è la sostanziale ragione politica con cui Berlusconi tiene unita la sua coalizione. Il messaggio subliminale è chiarissimo: se restiamo uniti faremo in modo che chi ha evaso il fisco evada ancora». Il contrario, cioè di quanto propone il governo: infatti, conclude Prodi, gli italiani «hanno deciso di pagare le imposte perché sanno che sarà applicata la legge».