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Anche la Margherita contro il ministro

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La senatrice Binetti: «Non ha applicato un metodo democratico»

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Dopo le polemiche accese del Pdci, ieri è toccato alla Margherita. «Cognetti era stato confermato da Berlusconi praticamente a elezioni già vinte dal centrosinistra. La Turco era infastidita e ha visto quella nomina come un atto di prevaricazione e violenza anche rispetto alle competenze di chi poi sarebbe diventato ministro», ha dichiarato la senatrice della Margherita Paola Binetti al Giornale, sottolineando che «poi però per sostituirlo non ha applicato un metodo democratico». Secondo la Binetti, il ministro della Salute «ha scelto la nomina ad personam: non è stata una decisione collegiale». La Turco «dice che voleva dare un segnale di discontinuità - ha concluso l'ex presidentessa di Scienza e Vita - ma effettuare una nomina ad personam non è il modo giusto». Alle parole della Binetti hanno fatto eco quelle di un altro esponente dei Dl, Riccardo Villari, responsabile del dipartimento delle riforme della Margherita, che è intervenuto sul Messaggero: «È scritto nel programma dell'Unione. La sanità deve essere alleggerita dallo strapotere politico. Questo vale per i direttori delle Asl come per i vertici della ricerca». Ma sul cambio al vertice del Regina Elena Villari non ha dubbi: «Forse sarebbe stato meglio usare un pò più di cautela». Intanto continuano ad arrivare offerte di lavoro per «l'epurato» Cognetti. Dopo il governatore della Calabria Agazio Loiero che lo ha nominato tra i componenti della commissione oncologica regionale, ieri è stata la volta del neo assessore alla Cultura del comune di Milano Vittorio Sgarbi. Sgarbi ha annunciato che proporrà di affidare a Cognetti una delle direzioni del suo assessorato. Ma non è solo il caso Cognetti ad agitare la Margherita. Molti esponenti Dl, infatti, non condividono neanche l'annuncio, fatto dal ministro nei giorni scorsi, secondo cui è opportuno un ritorno al rapporto esclusivo con il Sistema sanitario nazionale per i primari e i capi dipartimento, che dovranno obbligatoriamente scegliere se esercitare la loro professione nelle strutture pubbliche, oppure in quelle private. A criticare il modus operandi del ministro della Salute è stato Massimo Cacciari. «Può essere giusto chiedere ai primari di lavorare all'interno delle strutture pubbliche ma ci devono essere le condizioni concrete per poterlo fare».

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