Partito Democratico

La Quercia non apprezza che il leader della Margherita ritorni sulla collocazione internazionale del nuovo soggetto e che ribadisca dunque il «no» a un approdo nel Partito socialista europeo. Non tanto per il merito del dibattito, quanto perché il tema mette in difficoltà Piero Fassino, incalzato proprio sulla questione specifica dalle minoranze interne. Rutelli, intervistato dall'Espresso, concentra la sua riflessione su tre aspetti: senza il partito democratico il governo Prodi rischia di cadere; ora il leader è il Professore, in futuro saranno in campo sette o otto dirigenti; la collocazione internazionale non sarà nel Pse. Le reazioni ufficiali dei diessini si fermano a una dichiarazione abbastanza conciliante di Marina Sereni. Ma a microfoni spenti è tutta un'altra storia. Dirigenti molto vicini al segretario dei Ds sostengono che, ritirando fuori la questione della collocazione internazionale, Rutelli ottiene due obiettivi: da un lato tranquillizza gli ex Ppi della Margherita, con i quali si trova piuttosto in difficoltà; dall'altra alimenta le contraddizioni in casa Ds scatenando la reazione della sinistra interna. Nello stesso tempo, riflettono al Botteghino, Rutelli vuole tenersi aperte tutte le strade, nel caso in cui Prodi non resti premier per tutta la legislatura: se il partito nasce, prova a farci pagare un prezzo alto; se non nasce, si tiene aperta la prospettiva neocentrista, visto che non ha mai interrotto il dialogo con il centro della Cdl. Insomma, sospetti su sospetti. I prodiani stanno a guardare, ma il dibattito è di nuovo entrato nel vivo. Ora c'è la pausa estiva, ma a settembre si torna nel vivo del confronto: i gruppi dell'Ulivo organizzano un incontro a Frascati per il 10 e l'11; il 6 e 7 ottobre, a Orvieto, ci sarà il seminario con Prodi, Fassino e Rutelli deciso dal direttivo dell'Ulivo.