Il commento

Un Paese civile è quello dove non c'è dramma quando si concorre ad individuare insieme e su alcuni temi un percorso comune». Come non essere d'accordo con Francesco Rutelli, vice premier e ministro dei Beni culturali quando da persona ragionevole e di buon senso quale egli è, sostiene l'esigenza che il Governo Prodi ricerchi modi e forme per avviare una collaborazione con l'opposizione di Centro-destra nel supremo interesse generale del Paese? Siamo fautori, e non da ora, della tesi che la collaborazione tra i due schieramenti politici sia non solo auspicabile, ma assolutamente necessaria. Ma siccome di buone intenzioni è lastricata la strada dell'inferno, abbiamo buoni motivi per dubitare che dichiarazioni come questa possano essere seguite da comportamenti conseguenti. Al contrario temiamo esattamente l'opposto. Già l'esordio della legislatura con la mancata elezione «bipartisan» del Presidente della Repubblica, lo prova in maniera inoppugnabile. Poi il referendum confermativo sulla «Devolution». Prodi, D'Alema, lo stesso Rutelli si affrettarono a dire che se fossero prevalsi i «no», l'indomani bisognava coinvolgere l'opposizione in un percorso comune per fare una Riforma costituzionale condivisa. Hai visto mai? Ma la prova provata della considerazione e del rispetto in cui la maggioranza parlamentare ed il Governo Prodi tengono l'opposizione, che pure rappresenta il 50% dell'elettorato del Paese, è il capitolo delle riforme. Autorevoli esponenti del Governo stanno adoperandosi con un accanimento degno di miglior causa nell'opera di demolizione di alcune delle riforme più espressive ed emblematiche del Governo Berlusconi, senza preoccuparsi minimamente di ricercare quella «condivisione» con i rappresentanti di quella parte del paese che quelle riforme volle, e verosimilmente vorrebbe ancora conservare ed attuare. Il ministro delle Politiche sociali, Paolo Ferrero, ad esempio, è stato di parola. Ha detto che avrebbe «abbattuto» sistematicamente la legge Bossi-Fini sull'immigrazione e bisogna ammettere che ci sta riuscendo benissimo. L'approccio scelto è di favorire il più possibile l'inserimento degli immigrati, accettando per altro tutte le domande di soggiorno presentate dai lavoratori stranieri, il ricongiungimento familiare e ha sostenuto persino l'idea (bislacca) di dare denaro agli immigrati (una sorta di bonus) finché non trovano lavoro. Dimenticando che questa normativa aveva costituito un freno all'immigrazione dei clandestini extracomunitari. Per contrastare il fenomeno della precarietà, il ministro del Lavoro Cesare Damiano non esita a voler seppellire la Legge Biagi. Eppure essa ha avuto il merito di aver creato più occupazione attraverso l'introduzione di maggiore flessibilità in entrata ed in uscita dal mercato del lavoro. Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, il cui merito finora è stato solo quello di aver «accompagnato» la grazia concessa dal Capo dello Stato ad Ovidio Bompressi, intende «annientare» la Riforma Castelli sull'ordinamento giudiziario. La legge dal 28 ottobre prossimo imporrà la scelta tra la carriera del giudice e quella del Pm, ma difficilmente potrà diventare operativa visto che è pronto un disegno di legge per bloccarne l'entrata in vigore. Il ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni è impegnato a smantellare la Riforma Moratti della scuola. Se ci è consentito facciamo un appello al Governo: non distruggete le riforme, non fate tornare indietro il Paese. E, se proprio non potete esimervi dal farlo, cercate sul serio di coinvolgere l'opposizione in una stagione riformatrice. Lo esige il buon senso, ne ha bisogno il Paese.