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di LAURA DELLA PASQUA IL blitz per sostituire Angelo Petroni è fallito.

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La riunione del cda di oggi si limiterà quindi a prendere atto di una situazione di stallo rinviando tutto all'autunno. Il consiglio si limiterà a mettere la firma su un'infornata di contratti, visto che si tratta per lo più di produzioni che devono andare in onda in autunno, e su due vicedirezioni del Tg3 rimaste vacanti dopo il pensionamento dei due responsabili. Potrebbe poi essere nominato alla guida del palinsesto Vilfredo Agnese che ne è attualmente vice dopo essere stato vicedirettore di Raitre. Per le nomine più pesanti, da quella di Rai Sport a quelle di reti e testate, bisognerà aspettare l'inizio dell'autunno. A mettere su un binario morto la questione del cda Rai è stato proprio il Tesoro. Il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni pensava di scaricare la patata bollente del consiglio della Rai al collega dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa. Petroni è il rappresentante del Tesoro nel cda dell'azienda di viale Mazzini e secondo le intenzioni dei ribaltonisti Padoa Schioppa avrebbe i poteri per rimuoverlo qualora non si attenesse alle direttive del Tesoro. Ma a smontare questa tesi ci sono due fatti incontrovertibili. Primo: Padoa Schioppa ha fatto subito capire che non ha nessuna intenzione di occuparsi del dossier Rai perchè è impegnato su un altro fronte ben più spinoso, ovvero la Finanziaria. Secondo fatto, ma non marginale, è che in base alle norme il mandato del rappresentante del Tesoro nel cda è «non imperativo». Il che significa che non ci sono i termini perchè Petroni possa veder revocato il proprio mandato dal Tesoro. La normativa stabilisce infatti che tutti i membri del consiglio d'amministrazione della Rai hanno diritto alla piena autonomia e quindi sono svincolati dal potere del governo e del Parlamento anche se, come nel caso di Petroni, sono stati nominati dal Tesoro. C'è poi un'altra questione che impedisce il ribaltone. Cambiare Petroni avrebbe come immediata conseguenza la necessità di sostituire anche il presidente Petruccioli. Un'eventualità di questo genere è impossibile dal momento che manca la Commissione di Vigilanza, ancora da rinnovare. Non è però solo una questione di tecnicismi. A complicare ancora di più a situazione c'è il mutato scenario politico di queste ultime settimane. Fino a poco tempo fa, spiegano all'interno della Rai, tra i consiglieri di nomina della Cdl c'era una maggiore disponibilità a trovare un accordo sulle nomine. La sconfitta elettorale e un certo sbandamento della Cdl rassegnata a non veder tramontare a breve la stella di Prodi, avevano ammorbidito le posizioni dei consiglieri. Ma ora che la maggioranza ha cominciato a dare segnali di difficoltà di tenuta e che nell'opposizione ha ripreso vigore la speranza che la nave del professore non riesca a doppiare l'Epifania, ecco che i consiglieri del centrodestra sono tornati su posizioni più intransigenti. Puntano i piedi, alzano le barricate a qualsiasi tentativo del centrosinistra di cambiare gli equilibri a Viale Mazzini nella speranza che di qui a breve si possa andare anche a nuove elezioni o a una diversa maggioranza. La consegna quindi, che viene soprattutto da Forza Italia, è di mantenere lo status quo rinviando il più possibile il momento della verifica. C'è poi il fatto che la maggioranza ha capito che forzare la mano in questo momento sarebbe un grave errore politico. Giuliano Urbani, uno dei componenti del consiglio d'amministrazione della Rai, spiega che un provvedimento dirigista per sostituire Petroni rappresenterebbe una battuta d'arresto nella costruzione di un clima di intese su alcune problematiche che il centrosinistra sta cercando di costruire con la Cdl. «In un momento in cui Rutelli invita Berlusconi alla festa della Margherita - spiega Urbani - io non ce lo vedo Gentiloni contribuire a una retromarcia così brutale». Quindi dare il benservito a Petroni «sarebbe un gigantesco regalo all'opposizione che us

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