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DOPO le dimissioni minacciate, arriva il ripensamento.

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Poi erano arrivati Fabio Mussi (possibili tagli in Finanziaria per l'Università) e Clemente Mastella (sempre l'indulto e i continui attacchi da parte di Di Pietro). Tutti, però, passata la tempesta erano saldamente tornati al loro posto. Qualcuno, come il deputato del Prc Paolo Cacciari, le dimissioni le aveva anche presentate (contro il rifinanziamento della missione militare in Afghanistan) salvo vedersele respingere dall'Aula. Stavolta, invece, arrivano si tratta di un ripensamento, una sorta di dimissioni anticipate. È stato l'ex procuratore capo di Milano Gerardo D'Ambrosio, oggi senatore indipendente nelle file dei Ds, ad inaugurare la nuova formula. D'Ambrosio, infatti, dopo il via libera all'indulto, non sarebbe più pronto a candidarsi a Palazzo Madama. Lo ha spiegato lui stesso a Radio Montecarlo - che ha fornito una sintesi dell'intervista - parlando dell'approvazione della misura di clemenza, che considera un rischio per la sicurezza. «Non mi candiderei più - ha spiegato - anche perché un provvedimento di questa importanza è stato discusso in Senato in un solo giorno. Noi avevamo impostato la nostra campagna elettorale sulla sicurezza, e della sicurezza, con l'indulto, non si sono affatto preoccupati». E del rischio per la sicurezza che l'indulto comporterà, D'Ambrosio è certo. «Abbiamo avuto 11 provvedimenti di amnistia tra il 1949 e il 1990 - ha ricordato -, e comunque mai superiori ai due anni di sconto della pena. E abbiamo constatato che nel giro di 8 mesi la situazione delle carceri tornava ad essere quella di prima. Mi auguro che il ministro degli Interni prenda le dovute precauzioni». Al momento, però, c'è il problema di seguire chi uscirà dal carcere. «Non credo che ci siano strutture adeguate per seguire i detenuti rimessi in libertà - ha sottolineato il senatore -. Io non ero contrario all'indulto in via di principio ma a un provvedimento così vasto». Insomma anche D'Ambrosio, come il suo ex collega magistrato Antonio Di Pietro, si iscrive al club dei delusi dalla parte di coalizione che, in accordo con ampi settori dell'opposizione, ha dato il via libera alla misura di clemenza. La principale differenza, almeno per il momento, è che Di Pietro, a chi gli fa notare l'opportunità di dimettersi, risponde sicuro: «Io resto dove sono». D'Ambrosio, a questa domanda, dovrà rispondere solo quando cadrà il governo e gli elettori saranno chiamati alle urne. Per allora, però, potrebbe essere passata molta acqua sotto i ponti.

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