Il Senato approva il provvedimento che svuota le carceri
La votazione di Palazzo Madama non ha però spento le polemiche in seno alla maggioranza, sempre più spaccata e divisa. Il duello tra il Guardasigilli Mastella e l'ex pubblico ministero, dunque, continua senza esclusione di dichiarazioni al vetriolo. Con 245 voti favorevoli, 56 contrari e sei senatori astenuti, il provvedimento di clemenza è diventato così legge. L'ultimo indulto approvato dal Parlamento risale al 20 dicembre 1990. La legge fu pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, quasi fosse un regalo di Natale per i detenuti di tutta Italia, il 24 dicembre di oltre quindici anni fa. Chi si aspettava una seduta fino a notte fonda è così rimasto deluso. Buona parte del merito, in questo senso, va attribuita al leghista Roberto Calderoli. Il presidente di turno ha fatto votare gli ormai famosi 1500 emendamenti in circa un'ora e mezza. Il tempo di una partita di calcio per bocciare le modifiche che, se approvate, avrebbero costretto il testo a tornare alla Camera per una nuova votazione, come prevede il bicameralismo perfetto del nostro ordinamento. Niente votazioni a oltranza. A Palazzo Madama si è fatto in fretta. Tutto secondo previsioni. Hanno votato a favore del provvedimento di clemenza, l'Ulivo e larghissima parte della maggioranza, Forza Italia e l'Udc. Un consenso trasversale che, magari, non sarà andato giù a molti, ma indispensabile. L'articolo 79 della Costituzione, infatti, prevede una maggioranza qualificata dei due terzi dei votanti per l'approvazione della legge sull'indulto. La Lega ha votato no. Così come Alleanza Nazionale. Pochi i «casi di coscienza», come li ha definiti Altero Matteoli, all'interno di An. Hanno votato sì all'indulto, infatti, lo stesso Matteoli - che aveva annunciato il proprio voto favorevole al ddl sul provvedimento di clemenza - e i senatori Saporito, Buccino, Valentino e De Angelis. Nelle fila dell'Ulivo, non hanno rispettato le consegne imposte dai vertici politici, Domenico Fisichella (oggi nella Margherita, ma con un passato importante in An), l'ex pg di Milano Gerardo D'Ambrosio, autore ieri a Palazzo Madama di un durissimo intervento contro l'indulto, e Valerio Zanone. L'indulto è un provvedimento di clemenza che, al contrario dell'amnistia, estingue la pena e non il reato. Quello divenuto legge ieri prevede uno sconto di pena di tre anni per tutti quei detenuti che hanno commesso reati fino al 2 maggio 2006. La legge riguarderà oltre dodicimila carcerati. Il testo, benché giudicato da molti troppo «generoso», contiene preclusioni importanti. Non potranno beneficiare del provvedimento di clemenza coloro che hanno commesso determinate fattispecie criminose previste dal codice penale, tra le quali associazione sovversiva e i crimini legati al terrorismo anche internazionale. Esclusi anche i delitti di devastazione, saccheggio e strage; sequestro di persona; banda armata, associazione mafiosa. Per quanto riguarda i delitti su minori e a sfondo sessuale, non beneficerà dello sconto di pena chi è colpevole di prostituzione minorile; pornografia minorile; iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile; violenza sessuale di gruppo; atti sessuali con minorenne. Niente indulto anche per il sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione e riciclaggio. Il provvedimento non si applica neppure per il traffico di stupefacenti e per l'usura. Clemenza invece per i reati contro la pubblica amministrazione, contro il patrimonio e per gli altri reati comuni. Soddisfazione dal Vaticano, espressa per bocca del cardinal Martino: «Con l'approvazione dell'indulto si realizza l'auspicio di Papa Wojtyla, assai sensibile alla situazione dei carcerati di tutto il mondo», che nella sua storica visita a Montecitorio a camere riunite aveva chiesto proprio un provvedimento di clemenza.