«Sappiamo che al Senato abbiamo una maggioranza risicatissima e che ci sono divisioni interne su temi importanti»
Da un lato il ricorso «sistematico», per molti «eccessivo», al voto di fiducia per far passare importanti provvedimenti superando le «Forche Caudine» di Palazzo Madama (dove la coalizione gode di una maggioranza risicatissima). Dall'altro la soluzione per uscire dall'impasse: aprire al dialogo con l'opposizione. Tra i padri nobili di questa «visione distensiva» del dibattito politico nazionale c'è sicuramente il vicepresidente della Camera Pierluigi Castagnetti (Margherita). È stato proprio l'ex segretario del Ppi una decina di giorni fa a lanciare, dalle pagine del Sole 24Ore, un'idea per evitare «la corsa al voto di fiducia». Idea che, a giudicare da come si sono svolti i lavori parlamentari (tre fiducie in sette giorni al Senato), sembra essere caduta nel vuoto. Forse perché la parola dialogo, troppo spesso, evoca l'inciucio? «Un inciucio è quando si verifica uno scambio di favori. La mia proposta è di tutt'altro tenore». Ce la può illustrare? «La mia idea è quella di favorire una discussione tra maggioranza e opposizione che possa rivitalizzare il lavoro dell'istituzione Parlamentare». In sintesi, meno voti di fiducia e più dialogo? «Diciamo che è interesse tanto della maggioranza, quanto dell'opposizione, che il Parlamento sia messo nelle condizioni di lavorare e lavorare bene». Non è che si tratta di un modo per far passare in secondo piano le debolezze della maggioranza? «Noi non ci nascondiamo. Sappiamo che al Senato l'Unione ha una maggioranza risicatissima e che ci sono divisioni interne alla coalizione su questioni importanti. E sappiamo anche che strumenti come la decretazione d'urgenza e la questione di fiducia limitano seriamente la dialettica parlamentare» Come se ne esce? «È qui che si inserisce la mia proposta. Un'idea che, in realtà, ha già degli esempi in gran parte degli ordinamenti europei». Cioè? «Cioè la possibilità che maggioranza e opposizione trovino un'intesa che consenta rapide corsie privilegiate per le iniziative legislative». Scusi, ma potrebbe tradurre? «Oggi l'opposizione non riesce quasi mai a portare in Aula le proprie proposte di legge e, quando ci riesce, queste proposte sono completamente stravolte». Quindi? «Il governo potrebbe garantire all'opposizione che alcuni di questi decreti arrivino in Aula e vengano votati in data certa». E il governo cosa ci guadagna? «Viceversa il governo potrà portare in Aula alcuni decreti che ritiene strategici e anche questi verranno votati in data certa». Insomma, un inciucio? «Assolutamente no. Né il governo, né l'opposizione chiedono un voto preventivo. Inoltre i decreti potranno essere modificati. Semplicemente si dà garanzia che un certo numero di provvedimenti, deciso dalla conferenza dei capigruppo, venga votato in data certa senza che estenuanti mediazioni condizionino il Parlamento obbligando il governo a porre il voto di fiducia». La sua, però, sembra essere una proposta «tecnica». Cosa ne pensa delle parole di Anna Finocchiaro che, ieri, ha ribadito la necessità di un voto bipartisan su «questioni di interesse nazionale»? «Condivido pienamente le parole della collega Finocchiaro. Esiste un'area di problemi politici e questioni istituzionali che investono il destino del Paese. Su questi argomenti non si può procedere a colpi di fiducia». Però è quello che avete fatto? «La proposta politica della Finocchiaro, purtroppo, evoca uno stato d'animo che in questo momento non c'è. Mi ricordo che già negli anni '70, con una mozione comune Forlani-Napolitano sul ruolo della Nato, si evidenziò la possibilità, su temi di politica estera, di realizzare una larga maggioranza». Un po' quello che è accaduto alla Camera sull'Afghanistan? «Me lo faccia dire: per fortuna che c'è stato il voto della Camera. Trovo importante che, sulla politica estera, l'opposizione possa esprimere il suo voto nel merito senza essere costretta ad esprimere la propria fiducia al governo. Credo che, sempre più, in futuro, dovremmo creare situazioni di questo tipo». Lei