Ieri l'ultimo voto blindato sulle missioni estere
A palazzo Madama l'Unione arranca, si affanna, fatica come nemmeno l'ultimo dei gregari al Tour e alla fine porta a casa anche la seconda fiducia sulle missioni all'estero. Ma anche ieri per farlo, dopo la bagarre scoppiata giovedì sera sulla mancanza del numero legale, è stata costretta a portare in aula qualche superstite senatore a vita non ancora in vacanza per scongiurare il rischio di non avere i voti necessari. Pericolo scongiurato per il momento ma l'interrogativo che gira tra i senatori dell'Unione è ormai un ritornello inquietante: «Fino a quando?». Dal primo voto di fiducia, quello ottenuto da Prodi sul governo, il 19 maggio, in neppure un mese e mezzo il centrosinistra ha perso, nei successivi cinque voti blindati, cinque preferenze. Che sono arrivati a sei nella votazione sull'Afghanistan. Insomma il margine di sicurezza si è assottigliato pericolosamente. Gli assenti sono stati, ovviamente i senatori a vita. Ai quali, ieri e giovedì si è aggiunto il senatore «estero» Luigi Pallaro. Con questi numeri, ragionano da settimane gli esponenti del centrosinistra, non andiamo lontano. Rischiamo di finire sott'acqua anche mettendo il voto di fiducia. Concetti che tutti hanno ripetuto, in questi giorni, a Prodi. E allora? Allora l'unica via di uscita alla quale gli sherpa dell'Unione a Palazzo Madama stanno lavorando è quella di riuscire a recuperare qualche senatore della Cdl. Di sicuro non ipotizzando le larghe intese. «Troppo presto — ragiona un esponente del centrosinistra — è impensabile portare con noi un pezzo dell'Udc o anche della Dc di Rotondi. Tutta la sinistra radicale si rivolterebbe e sarebbe ancora peggio». E allora? «Allora la soluzione è un'altra — continua sorridendo — Noi ci stiamo provando con tutti, a tappeto, senza escludere nessuno. Qualcuno che viene con noi alla fine lo troveremo». Del resto Anna Finocchiaro, Vannino Chiti e lo stesso Franco Marini non hanno nascosto che serva «allargare» la maggioranza di qualche numero se si vuole sopravvivere al Senato. E non staccare la spina al governo Prodi. Dunque, persa la speranza di traghettare interi pezzi dell'opposizione da quest'altra parte, l'Unione lavora sui singoli. Mettendo sul piattino dell'offerta quel che è rimasto, passata l'abbuffata di sottosegretari e strapuntini nel governo. ma il resto non è poi poco: ci sono le nomine nei consigli di amministrazione delle banche, le Authority, gli assessori negli Enti locali. In pratica, tu cambi casacca, io ti offro un posto sicuro per i tuoi uomini. «Il centrosinistra nelle amministrazioni pubbliche è forte — spiega Andrea Augello, senatore di An — hanno un potere contrattuale molto alto». Per il momento ancora nessuno ha ceduto ma il vero banco di prova sarà la campagna d'autunno. «O riescono a trovare qualcuno prima della manovra sul Dpef — prosegue Augello — oppure non arrivano neppure a Natale». Anche perché fare affidamento sui voti dei senatori a vita si è rivelata una scelta che non mette al sicuro da sorprese. Tra loro comincia infatti a salire l'irritazione per essere continuamente «precettati» e costretti a garantire ogni volta il numero legale alla maggioranza. Giulio Andreotti lo ha ammesso sbuffando parlando con i suoi colleghi prima della fiducia notturna sul decreto sul decreto Bersani. E infatti a quel voto non ha partecipato. Assenti alle ultime votazioni anche Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi, Francesco Cossiga e Sergio Pininfarina. Lontani, in vacanza o semplicemente poco disponibili a passare, per la prima volta nella storia della Repubblica, per i senatori a vita «precettati» per salvare un governo.