Le ex toghe Violante e D'Ambrosio guidano la rivolta dei dissidenti Fassino prova a recuperare il ruolo di «difensore della legalità»
«Sarebbe quanto mai utile ed opportuno - aveva detto - che in queste ore il governo facesse sapere quali delle leggi ad personam approvate dalla destra intende rapidamente abrogare. Si renderebbe così chiaro che l'indulto non attenua minimamente il rigore etico e giuridico a cui il centrosinistra intende ispirare la sua politica in materia di giustizia». Una dichiarazione che aveva raccolto numerosi consensi anche all'interno del fronte del «no» al punto che il presidente della commissione Giustizia Pino Pisicchio (che per inciso è anche un esponente dell'Italia dei Valori) aveva parlato di «grande senso di responsabilità» da parte del segretario Ds. Ma l'intento di Fassino non era certo quello di raccogliere gli applausi dei ribelli. Il numero uno della Quercia, infatti, ha altri problemi. Primo fra tutti la frattura apertasi in seno al partito sul tema dell'indulto. Dopotutto la Quercia è sempre stata sensibile al tema dell'etica in politica (la famosa «questione morale» di Berlinguer). E Fassino non ha certo dimenticato il calvario vissuto meno di 6 mesi fa quando il «terremoto Unipol» investì lui e il presidente del partito Massimo D'Alema. Proprio in quell'occasione il segretario della Quercia usò parole come «offuscamento della irrinunciabilità di un rigore morale» o «un allentamento della capacità di prevenire comportamenti non coerenti con principi etici». Ma aveva anche escluso in maniera decisa che il partito fosse investito da una «questione morale». Proprio per questo oggi, il segretario ha qualche difficoltà a spiegare perché i Ds sarebbero disposti a dare il via libera ad un testo sull'indulto che molti elettori percepiscono già come una sanatoria per corrotti e colpevoli di reati finanziari. E non aiuta certo la battaglia portata avanti dall'ex magistrato Antonio Di Pietro che sembra aver scavalcato i Ds trasformandosi nell'unico e vero custode della moralità del centrosinistra. Intanto, mentre Fassino cerca di correre ai ripari, la fronda diessina affila le armi. Anche ieri Luciano Violante ha portato avanti la sua battaglia in Aula per cercare di escludere dall'indulto i reati più discussi. «Dobbiamo vedere - ha detto replicando all'ex presidente della Camera Casini - come costruire un catalogo delle esclusioni compatibile con le finalità dell'indulto e la pubblica opinione». Dall'Europa, invece, è arrivata la solidarietà al ministro Di Pietro dell'europarlamentare diessina Marta Vincenzi, «non soltanto perché con il provvedimento di indulto verrebbero annullati gli effetti delle condanne per Tangentopoli ed i reati finanziari alle quali si è giunti solo dopo anni di processi, ma anche perché, nell'attuale formulazione, l'indulto favorirebbe i responsabili di infortuni sul lavoro e malattie professionali come i titolari della Eternit». Ma il fronte dei «dissidenti» sembra essere più ampio ed è pronto a dare battaglia al Senato dove può contare su due elementi di tutto rispetto: gli ex magistrato Gerardo D'Ambrosio e Felice Casson. Se il primo ha già fatto sapere che «voterà contro l'indulto di tre anni», il secondo per il momento si è limitato a richiamare la «moralità» della coalizione. Insomma, per Fassino, la «questione morale» è tutt'altro che chiusa.