Il «dissidente» Rossi (Pdci)
Fernando Rossi risponde al telefono rilassato e soddisfatto. Il «Carneade di Ferrara» del Pdci (come si definisce lui stesso), balzato agli onori della cronaca per essere uno dei 9 senatori «dissidenti» che hanno tenuto in apprensione per intere settimane Romano Prodi sul rifinanziamento della missione in Afghanistan, oggi tira un sospiro di sollievo. «Ci hanno dipinti come dei traditori - dice -. Oggi, invece, il governo dimostra che anche il nostro dissenso ha diritto di cittadinanza all'interno della coalizione. E non è poco». Guai, però, a dire che l'hanno fatto solo per avere un po' di fama o, peggio ancora, per ricattare il governo. «Il fallimento della strategia del governo che ci ha preceduto - riprende - è davanti agli occhi di tutti. Ci avevano detto che si andava in Afghanistan per aiutare la ricostruzione dopo che gli Usa aveva debellato il terrorismo. Non è così. Ogi in Afghanistan c'è una situazione di guerra vera. E noi siamo contrari alla guerra, qualsiasi guerra». «Certo - continua - sappiamo anche che non ci possono essere decisioni unilaterali. Ma questo non significa che non si possa ridiscutere la strategia a livello internazionale. Questo è l'impegno assunto dal governo oggi». Un ultimo pensiero Rossi lo dedica a chi, in queste settimane, ha ipotizzato un allargamento della maggioranza: «La scelta di porre la fiducia scongiura questo rischio». La battaglia, però, non finisce qui. «La nostra è un'apertura - dice - non certo un ultimatum. Tra 6 mesi valuteremo cosa è accaduto».