di LUIGI FRASCA SE non è un anatema, poco ci manca.
Dal Vaticano, invece, sono scesi in campo l'«Osservatore Romano» e monsignor Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia sulla Vita, per criticare la posizione assunta dal governo Prodi che ha permesso di arrivare ad un testo «ambiguo». La decisione italiana di ritirarsi dalla «minoranza di blocco» (che in tema di staminali impediva i finanziamenti alle ricerche eticamente dubbie), a loro dire non farà altro che favorire «un macabro mercimonio» aprendo la porta al commercio di embrioni da paesi più deregolati, come la Corea o l'Australia. Il dibattito sull'argomento sino ad ora è stato molto serrato e ha visto contrapposti mondo laico e mondo cattolico in un crescendo di toni. Ma ora ciò che si delinea all'orizzonte è un muro contro muro in attesa che il Settimo Programma Quadro sbarchi a Strasburgo. Si spera in un «miglioramento» al testo. Intanto però oggi toccherà al presidente del Consiglio Romano Prodi cercare di stemperare le critiche che piovono sul governo. Il presidente del Consiglio risponderà infatti alla Camera alle interrogazioni urgenti sull'argomento. «Per noi la partita non è chiusa. Vogliamo fare di tutto perché si arrivi a dei ritocchi. Il testo dovrà arrivare a Strasburgo. Lì è vero che il Ppe è frazionato, ma al suo interno vi sono tanti cattolici coerenti» spiega una autorevole fonte vaticana che segue da vicino questa vicenda. Chi ha reagito per primo all'accordo di ieri è stato il giornale dei vescovi italiani, «Avvenire», che in un editoriale è andato giù duro: «Un compromesso venato di ipocrisia», ha pubblicato facendo riferimento al testo del documento votato anche dal ministro Fabio Mussi, il quale «evidentemente prosegue per la sua strada con l'appoggio del governo». Ancora più di chiusura il commento dell'«Osservatore Romano»: è come «ai tempi dell'aborto». «Quando si tratta della vita (di sopprimerla) alcuni si presentano puntuali col loro macabro appuntamento». E ancora: «Quando si cominciò a parlare di aborto si preferì una piccola variazione sul tema, sbandierando un oscuro progresso della civiltà (come se la civiltà potesse progredire uccidendo un essere vivente al quale non è riconosciuto alcun diritto)». Così oggi, questi «nipotini del progresso» — come li definisce l'Osservatore — si ripresentano all'opinione pubblica, «penetrano indebitamente negli spazi più sacri della coscienza di milioni di persone pretendendo di guidare con il solito elitario materialismo le sorti dell'umanità». Ciò che il Vaticano contesta all'Italia è che per diventare finalmente «un Paese moderno» debba per forza «fare ricerca sugli embrioni. A loro, al loro sacrificio, è affidato il compito di fare della Penisola una terra di fecondo sviluppo». A livello europeo, in serata, sono intervenuti monsignor Adrianus Van Luyn, vescovo di Rotterdam e monsignor Noel Treanor, rispettivamente presidente e segretario generale del COMECE, per chiamare a raccolta tutti i cattolici e metterli in guardia della battaglia «cruciale». In una nota i vescovi europei invitano a prendere coscienza della sfida antropologica che si cela dietro questo dibattito. Il compromesso raggiunto lunedì è «inaccettabile» sintetizza monsignor monsignor Elio Sgreccia. Appuntamento per l'annunciata battaglia: Strasburgo.