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di MARZIO LAGHI DIFENDONO la Fiamma, il partito e l'onore.

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Sono i famosi «colonnelli» di Alleanza Nazionale che ieri e oggi si sono ritrovati a Orvieto per il tradizionale appuntamento della Destra Sociale. Per «stimolare» La Russa, Matteoli, Alemanno e Landolfi e, unico ospite non di An Giulio Tremonti, un giornalista «atipico», Giovanni Floris, conduttore del programma di Rai3 «Ballarò». «Lo abbiamo scelto per non avere un dibattito stereotipato» aveva detto proprio Gianni Alemanno presentando la manifestazione. E Floris non si è tirato indietro chiedendo subito a Mario Landolfi se An avesse l'immagine di un partito che perde la testa per cose basse anziché volare alto. L'ex ministro delle Comunicazioni ha risposto che «An è rimasta vittima di un'aggressione da parte della stampa. Poi, dal punto di vista penale abbiamo visto che su "vallettopoli" non c'era assolutamente nulla». Ha rincarato la dose Gianni Alemanno secondo il quale «non c'è dubbio che l'elettorato di An faccia meno sconti di altri ed è quindi necessaria una maggiore austerità. Sono venute fuori quattro fesserie in due anni di intercettazioni ma comunque è stato un campanello d'allarme». Sul tema è intervenuto anche Giulio Tremonti, il quale prima ha scherzato con Giovanni Floris — «Ho un sogno, quello di essere per una volta io a farle una domanda, ogni volta mi sembra di essere a un interrogatorio in carcere» — poi ha commentato che il partito di via della Scrofa «ha una lunga storia politica ma una breve storia di governo. E la "ribalta" nel periodo di governo può portare a questi fenomeni, la cui entità è però talmente esigua da non meritare neppure un dibattito». Tutti d'accordo nel partito anche sul tenere la Fiamma nel simbolo di An, così come aveva ribadito venerdì Gianfranco Fini intervenendo ad un incontro con i ragazzi di Azione universitaria a Marina di Massa. «Si supererà la Fiamma quando si troverà un simbolo che ci piace di più — ha tagliato corto Gianni Alemanno e non quando c'è qualcuno che ci chiede di toglierlo». «La Fiamma è un simbolo d'onore, nato nel '46 dalle macerie di una guerra perduta e non vinta», ha ribadito Ignazio La Russa, mentre per Altero Matteoli, «la questione non è mai stata messa in discussione». Ma proprio da Matteoli è arrivata una frecciatina alla leadership di Fini: «Gianfranco è importante ma noi andremmo avanti anche senza di lui. Invece Fini senza An non va da nessuna parte». E un altro affondo il leader di An lo ha ricevuto da Alfredo Mantovano a proposito del referendum costituzionale. A Giovanni Floris che gli diceva che An lo aveva perso, Mantovano ha replicato piccato: «No, il leader l'ha perso, ma gran parte del partito ha lottato contro quel referendum». Infine dieci parlamentari di An — Marcello De Angelis, Marcello Taglialatela, Salvatore Tatarella, Antonio Buonfiglio, Bruno Murgia, Alberto Giorgetti, Fabio Rampelli, Giulia Cosenza, Giulia Buongiorno e Roberto Salerno — hanno inviato una lettera a Fini per chiedere «regole certe sui meccanismi di adesione e di selezione per congressi e delle rappresentanze interne. Sono essenziali per garantire l'adeguato svolgimento dei dibattito interno e delegittimare la pratica diffusissima di utilizzare la stampa esterna per far sentire la propria voce di dissenso».

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