Il retroscena
Una «quiete» dopo la tempesta di Montecitorio, che precede, però, quella probabile a Palazzo Madama. Si attende infatti che il decreto approdi al Senato, la settimana prossima, per verificare la tenuta interna al partito, da cui dipende ovviamente quella della maggioranza. Ma l'ipotesi di una improvvisa riappacificazione tra il fronte favorevole e quello contrario al ddl, al momento appare molto lontana perchè i segnali che giungono da palazzo Madama sono tutt'altro che rassicuranti. «Al Senato abbiamo un nucleo più consistente, il quale può solo allargarsi» conferma il senatore «ribelle» Luigi Malabarba, ragionando sul rinfoltimento del gruppo dei dissidenti. Al nucleo originario degli «otto», infatti - sono convinti i senatori Prc - si aggiungeranno altri parlamentari. Ma chi? Forse qualcuno dei partecipanti all'assemblea pacifista autoconvocata che si è tenuta il 15 luglio alla quale, oltre i «soliti noti» come Claudio Grassi, Fosco Giannini, Mauro Bulgarelli e Loredana De Petris, hanno preso parte il senatore Prc Josè Luiz Del Rojo, Anna Maria Palermo (Prc), Franca Rame (Idv), Dino Tibaldi (Verdi-Comunisti italiani), Olimpia Vano (Prc) e il diessino Cesare Salvi. Nomi certi per ora non se ne fanno, sta di fatto che il malumore serpeggia e - spiega senatore Giannini - «visto che alla Camera ci sono state delle notevoli sorprese, non mi meraviglierei del fatto che al Senato ci possano essere altre dimissioni come quelle rassegnate ieri dal deputato Paolo Cacciari (che saranno esaminate dalla Camera martedì, ndr)». Oltre al fatto che - conclude Giannini - che «riceviamo consensi anche da altri colleghi di partito». La situazione interna al Prc, quindi, si conferma estremamente confusa. E la distanza tra la linea ufficiale del partito e quella dissidente è confermata ieri da alcune dichiarazioni: da un lato il capogruppo alla Camera Gennaro Migliore si esprime in tono distensivo, sostenendo di essere «allergico alla parola ritorsioni» contro i deputati ribelli e assicurando che al Senato «non riscontreremo dissensi» anche se ammette di essere in «vigilata preoccupazione». Ma dall'altro Malabarba si compiace del fatto che a Montecitorio «la posizione espressa dai cosiddetti parlamentari dissidenti sia stata ben tenuta. Eravamo in tre alla Camera, poi abbiamo avuto un'altra adesione nel voto. Inoltre - conclude - c'è stato l'imprevisto gesto di Cacciari che molto dignitosamente ha dato le dimissioni, rafforzando la nostra critica nei confronti di questa missione». U.D.G.