La nuova An punta agli elettori di tutta la coalizione
Nel tardo pomeriggio, mentre l'aula è impegnata a discutere di Medio Oriente, Ignazio La Russa manifesta soddisfazione, perchè l'impressione è che in An sia partito un processo politico profondo. All'ora di pranzo, dopo l'annuncio della settimana scorsa, Gianfranco Fini incassa dall'esecutivo un sostanziale via libera, unica riserva quella di Francesco Storace, su una svolta europeista per An, una sorta di «Fiuggi 2», allo scopo di inserire il suo partito nel quadro della destra europea per farlo approdare nel Ppe. Un percorso che tiene in conto le compatibilità di casa nostra prevedendo la creazione, entro le europee del 2009, del partito unitario della Cdl. Secondo Fini, la divisione tra destra e centro nell'elettorato della Cdl è ormai alle spalle. Ora tocca ad An riproporsi come partito-polo, capace di rappresentare un blocco sociale nuovo formato dai «produttori di reddito», i ceti produttivi, gli operai, i piccoli e medi imprenditori, ma anche «i produttori di valori», i pensionati e le casalinghe. Basta con la distinzione tra «right and left», ma vedere «right and wrong»: non più schematismo destra-sinistra, ma giusto-sbagliato. La nuova An di Fini guarda all'estero, dall'esperienza del Pp di Aznar a quella dei «new tories» di Cameron, passando dal francese Sarkozy. E lo sbocco naturale di un partito così è il Ppe, consapevoli che è ormai quella la «casa comune di coloro che, popolari e nazionali, considerano l'Europa il loro destino, la loro patria». Quasi a prevenire l'urlo di dolore tanto diffuso nel popolo di An, «non moriremo democristiani», il documento ricorda che tra gli aderenti al Ppe solo la Cdu-Csu ha radici democristiane. Una svolta preparata con cura, soprattutto dal punto di vista mediatico. Il documento di 19 pagine accuratamente rilegato che i componenti dell'esecutivo si trovano a discutere a mezzogiorno è sostanzialmente già stato anticipato dallo stesso Fini in una ampia intervista al Corriere della sera dal titolo «An dentro il Ppe alle Europee». Un'accelerazione dei tempi che provoca un effetto paradossale: prima che il partito potesse analizzare il documento, sia il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa sia il coordinatore azzurro Sandro Bondi salutavano con favore le proposte del leader di An. Durante la riunione si sarebbe respirato un clima di ottimistica attesa. Solo Francesco Storace, promotore di una fondazione dal nome esplicito «D-Destra», avrebbe espresso qualche riserva. Dopo aver ironizzato sull'eccessivo uso dell'inglese nel documento, l'ex ministro si sarebbe limitato a chiedere il rispetto delle regole nel corso della discussione e la volontà di capire meglio come si andrà avanti. Per stasera ha convocato una cena con i parlamentari a lui più vicini per vedere il da farsi, ma il clima non sembra essere quello dello scontro frontale. Pieno consenso da Gianni Alemanno. Nei capannelli del Transatlantico torna puntuale il tormentone sul futuro del simbolo che La Russa spegne sul nascere: «Non ne abbiamo parlato». Lodi da Forza Italia. Berlusconi ha parole di miele: «Ottima l'intervista di Fini. L'ho letta davvero con molto piacere». Anche Giuseppe Pisanu parla della mossa di Fini come «un'operazione politica intelligente e di ampio respiro». Luci e ombre, invece, nel giudizio dell'Udc. Per quanto riguarda l'ingresso nel Ppe, «nulla questio». Diverso il discorso per quanto riguarda lo sbocco del partito unitario della Cdl, ipotesi in questa fase scartata da Via due Macelli. E alle aperture del leader di An le stesse fonti reagiscono con durezza: «Quello di Fini - osservano - sembra il classico "vorrei ma non posso"»