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L'Unione ha quasi completamente riscritto il testo. Accantonando i punti più contestati

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Il decreto che porta il loro nome, quello tanto per intenderci sulle liberalizzazioni, è sempre più un lontano ricordo, distante anni luce dal testo originario. E meno male che doveva rappresentare «una rivoluzione» dove «il cittadino-consumatore è al centro». Alla fine tutto si sta risolvendo in un semplice intervento di marketing politico che nei fatti non liberalizza nulla. Un attacco al decreto che non giunge solo dall'opposizione ma anche dall'Unione che è sempre più tentata di correggere il testo. Come Francesco Rutelli che proprio ieri sull'accordo raggiunto tra Governo e taxisti ha espresso forti dubbi tanto da dire che avrebbe «preferito una formula di maggiore liberalizzazione». Critiche politiche che si aggiungono alle proteste ed agli scioperi che stanno mettendo sempre più nell'angolo Bersani e Visco. E pensare che il giorno dopo la presentazione del decreto ci fu anche chi dalla Cdl salutò con favore il varo delle presunte liberalizzazioni. Addirittura qualcuno fece «mea culpa» per non aver fatto quelle riforme quando era al governo. Ma torniamo al decreto. Il primo passo indietro l'accoppiata Visco-Bersani lo fa sull'abolizione dell'Iva sulle transazioni immobiliari. Il Governo aveva previsto per il settore il passaggio all'imposta di registro con la restituzione dei crediti Iva accumulati. Un cambio di regole non da poco, che Assomobiliare quantificò subito in 30 miliardi di euro di costi per l'intero settore. Immediato il crollo dei titoli in borsa. Sul mercato il comparto alla fine lascerà quasi un miliardo di euro con flessioni di oltre dieci punti percentuali. Un bagno di sangue. Solo allora dal Ministero si decide di intervenire modificando la parte contestata. Secondo passo indietro: le licenze dei tassisti. Il decreto prevedeva il divieto di cumulo delle licenze consentendo ai Comuni di bandire concorsi per assegnare dietro pagamento le nuove licenze oltre le quote programmate. Stavolta non è il mercato a ribollire, ma la piazza. I taxisti scendono in strada. Incrociano le braccia e paralizzano le maggiori città d'Italia sospendendo il servizio. All'inizio il Governo risponde con durezza: nessuna trattativa e rispetto della legge. Ma anche qui alla fine Prodi e compagni capitolano. Infine gli avvocati. Visco e Bersani decidono l'abolizione delle tariffe minime per i professionisti ed il pagamento delle prestazioni, superiori a 100 euro con conto corrente. In questo caso un mezzo passo indietro. Per le tariffe ci sarà da confrontarsi con il Parlamento Europeo che dal 23 marzo ha deciso la loro abolizione. Invece sul pagamento delle prestazioni c'è ancora da discutere ma come già preannunciano in Commissione Giustizia maggioranza ed opposizione chiederanno l'abolizione dell'obbligo di pagamento. Ora non resta che attendere l'altro mezzo passo indietro.

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