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di GIUSEPPE DE FILIPPI IL GOVERNATORE della Banca d'Italia Mario Draghi ha provato ancora una volta ...

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Peccato che Draghi non sia nel governo e che Padoa-Schioppa sia un tecnico voluto in quella posizione da un premier privo di personale forza parlamentare. Insomma, una coppia che, alle strette, conterà meno del leader di un piccolo sindacato dei tassisti. E la sfida che si propongono, quella del rigore, si rivelerà ben più ardua di quella, comunque già persa, sulle cosiddette liberalizzazioni. Draghi, tra le varie cose, ne ha detta e ripetuta una: i risparmi sulla spesa previdenziale sono essenziali per centrare gli obiettivi di bilancio che ci sono imposti dagli accordi europei e, con molta più crudezza rispetto a quella esercitata dai controllori di Bruxelles, dai mercati internazionali (che stanno per mettere sotto pressione di brutto i titoli del debito italiano). Quei risparmi si ottengono in buona sostanza solo in un modo e cioè alzando l'età pensionabile, ritardando il giorno del collocamento a riposo per consistenti gruppi di lavoratori. È una medicina amara, ma è l'unica in grado di stabilizzare nel tempo la spesa per le pensioni, e quindi alleggerire il peso della contribuzione sui lavoratori più giovani, e dare un vero sollievo alle casse dello Stato. Con le pensioni, infatti, si va sul sicuro. Con l'aumento dell'età pensionabile il risparmio è certo e anche quantificabile. Nella sanità, invece, intanto la spesa italiana non si discosta dalle medie dei paesi assimilabili e poi non si possono neanche immaginare riduzioni con regole lineari come quella dell'età pensionabile: serve un lavoro quotidiano, serve molta capacità scientifica e amministrativa (ad esempio per investire ora in prevenzione in vista di risparmi futuri). Insomma, la previdenza è il terreno più adatto per dare la prova che sui conti pubblici si ha intenzione di fare sul serio. Bene, una riforma c'è e la ha decisa il governo precedente. La hanno concordata, dopo una lunga discussione, i ministri di allora, Giulio Tremonti e Roberto Maroni, uno con lo sguardo ai conti, l'altro responsabile degli enti che devono assicurare il futuro previdenziale dei lavoratori. Quella riforma prevede un aumento brusco dell'età pensionabile dal prossimo anno. Un passaggio brutale, ribattezzato sui giornali il gradone, come è successo in tutti i paesi, Germania compresa, che hanno alzato l'età pensionabile. L'attuale ministro del lavoro, Cesare Damiano, dice che ai gradoni preferisce i gradini e un giorno sì e l'altro pure si prepara, aiutato soprattutto dalla Cgil, a buttare a mare quella riforma. L'impressione è che la vincerà lui. Il guaio è che il povero Padoa-Schioppa i risparmi previdenziali dovuti alla Tremonti-Maroni se li è già venduti ai suoi colleghi europei per convincerli che l'Italia è affidabile nel controllo del deficit.

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