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di FABRIZIO DELL'OREFICE SI è chiuso in una sorta di clausura per due settimane.

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Solo sms. Anzi, un solo sms, sempre lo stesso per tutti: «Teniamo la mente aperta e la bocca chiusa». Un messagigo quasi in codice: ascoltiamo le richieste di tutti, ma non diciamo niente a nessuno. Adolfo Urso ha raccolto i contributi (con Pasquale Viespoli) che hanno dato vita al documento per la nuova Alleanza nazionale. L'ex viceministro e l'ex sottosegretario non hanno voluto baite, non hanno scelto monasteri in campagna o luoghi segreti. Niente di tutto ciò, il testo che disegna il futuro del partito è nato a via della Scrofa, sede della formazione politica, ad eccezione di qualche breve riunione nel cortile di Montecitorio giusto per scambiare qualche informazione. È anche questo è il segno di un nuovo corso aperto da Fini: europeo sì, ma anche all'insegna della sobrietà. Onorevole, siete riusciti a mettere d'accordo persino Berlusconi. Di questi tempi, sembrava una missione impossibile... «Abbiamo colto nel segno e questo mi fa certamente piacere». La Cdl, a leggere i commenti, sembra essere tornata unita. Avete fatto un miracolo? «Il merito è soprattutto di Gianfranco Fini. È stato lui a trovare la sintesi tra tutti i contributi, ha riportato An al centro del dibattito politico». D'accordo, ma come è stato possibile? «Penso principalmente che di questo testo ce ne fosse bisogno. E voglio specificare un aspetto: il documento-Fini non è un punto di arrivo, casomai un punto di partenza. Si è riaperto il dibattito dentro Alleanza nazionale e dentro la Casa delle Libertà. Che spero prosegua e porti a un nuovo centrodestra». Senta, ma il documento sembra tornare al disegno iniziale di An, ovvero di realizzare una forza politica di centrodestra. È un ritorno alle origini? «In un certo senso sì. An è nata nel '93, l'obiettivo allora era quello di rimettere in gioco la destra e dare una risposta a quella parte di elettorato moderata che rischiava di non avere rappresentanza. I filoni culturali erano cattolico, nazionale e liberale. Poi venne Forza Italia e dopo anche il Ccd, nacquero così le alleanze e di conseguenza il Polo delle Libertà». Onorevole, ma se An vuole rifare il centrodestra non è una sorta di opa (offerta pubblica di acquisto) su tutta la Cdl? «No, guardi, noi non vogliamo annettere o acquistare alcuno, non vogliamo rinnovare il partito contro gli alleati. Vogliamo aprire una fase nuova per creare una nuova An dentro un nuovo centrodestra. Non è un documento contro qualcuno, ma è un documento per un nuovo soggetto politico. Mi sembra sia chiaro anche a Berlusconi». Si parla non più di «partito delle libertà», di «popolo delle libertà». Puntate a tutto l'elettorato di centrodestra? «Mi sembrano distinzioni che anzitutto non fanno più gli elettori. Voglio dire che chi vota la Cdl, sceglie An ma potrebbe tranquillamnete mettere la croce su Forza Italia o sull'Udc e viceversa. Ed è questo un fenomeno che oramai si verifica da oltre dieci anni. Centro, destra, centrodestra sono differenziazioni che chi ci vota non fa più da molto tempo». Ma si può considerare quello appena compiuto un nuovo passo di Fini verso la leadership della coalizione? «Siamo proprio fuori strada. Il tema della leadership non si pone. Non è oggetto della discussione oggi. Fini in questo senso ha pronunciato parole che difficilmente si possono prestare a fraintendimenti. E mi permetta di aggiungere anche un altro punto». Dica pure. «Nel documento non si pone anche una questione interna, che è quella del simbolo. Mi sembra che si sono dette tante cose inutilmente. Non è un tema all'ordine del giorno». Ma si porrà in futuro? «Ripeto, questo documento è un punto di partenza. Ma non mi sembra il caso di parlare di cose che non sono oggetto della discussione. Parliamo del futuro di An e di tutto il centrodestra. Ritengo che il merito principale di tutti questi consensi alla nuova fase si devono proprio al fatto che il testo non contiene una parola su leadership e simbolo». In verità c'è una voce contro. «Quale?». La Mussolini, che afferma:

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